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Bloccata la 131 da Nuoro a Ottana: il malcontento dei pastori sfocia in protesta

redazione
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Hanno scelto come gesto dimostrativo di rovesciare dei bidoni di scotta sull'asfalto, a significare il fatto che gli industriali caseari minacciano la chiusura dei caseifici perchè ci sarebbe una sovraproduzione di pecorino.

Stamattina nella zona industriale di Pratosardo la platea è stata tutta dei pastori Coldiretti, presenti con trattori e fuoristrada. La disperazione per il prezzo del latte, e per i premi comunitari che non arrivano li ha fatti scendere nuovamente in piazza. 

Coldiretti Sardegna, tutelando gli interessi dei suoi associati ha dato ordine a uno studio legale di predisporre una diffida agli industriali caseari: "intimiamo di pagare il latte non sotto il prezzo pattuito a inizio campagna (o della prima fattura per quei pastori che non avessero contratto). E di versare i conguagli rispetto al prezzo ribassato in corso di campagna come previsto dall'articolo 62, comma 10 del Decreto legge n.1 del 2012. Se cosi non fosse difenderemo i diritti dei nostri soci in sede giudiziaria". 

Una fila chilometrica di macchine si è creata immediatamente, da Nuoro fino alla coda del corteo che lentamente si sta muovendo fino a Ottana. A seguire le motivazioni della protesta, spiegate in un documento firmato Coldiretti. 


Coldiretti Sardegna diffida i trasformatori e chiede l’istituzione di una autority

Per sbloccare i premi comunitari serve una task force

Sul prezzo del latte girano tante voci funeree senza alcun fondamento scientifico. E’ dal luglio scorso, quando il prezzo del Pecorino Romano vantava il prezzo più alto della storia (9,38 euro al kg), che è cominciata la pantomima sulla crisi del settore ovicaprino.

Già da allora gli industriali caseari, durante un convegno che si è tenuto a Banari, annunciarono il crollo del Pecorino Romano e il pagamento del latte a 90 centesimi.

Lo fecero a sensazione, o meglio a convenienza, in quanto di dati che supportassero la loro tesi non si vide neppure l’ombra. 

Di questa loro previsione, infatti, si è attualizzata solamente quella del prezzo del latte (pagato da inizio campagna, guarda a caso a 90 centesimi), mentre il Pecorino Romano ha avuto un calo, innegabile, anche marcato, per effetto della stabilizzazione del prezzo (ordinario quando si tocca il picco) e delle maggiori produzioni dovute all’inverno mite, ma non è crollato. E non possiamo parlare di crisi con il Pecorino pagato a 7,85 euro al kg.

 

 

 

Nel 2012

Nel 2016

AUMENTO IN %

IPOTESI

 

euro

euro

 

euro

LATTE

0,70

0,80

14%

1,05*

PECORINO ROMANO

5,18

7,85

51%

5,90**

 

*Prezzo del latte se avesse seguito lo stesso trend del Pecorino romano

**Prezzo del Romano se avesse seguito lo stesso trend del latte

Da sempre i caseifici sardi privatizzano i profitti e socializzano i debiti. Questa volta lo fanno anche in maniera preventiva. Mentre continuano a privatizzare i lauti profitti, in previsione di una crisi, dovuta alla loro poca lungimiranza (solo un anno fa in periodi di vacche grasse si sono fatti la guerra per accaparrarsi il latte), scaricano come sempre le colpe sui pastori (prezzo del latte basso) e sull’intera collettività.  

E di poco più di un mese fa la lettera a firma di Confindustria, Legacoop e Consorzio per la tutela del Pecorino romano indirizzata al presidente della Regione, in cui avanzano la necessità di fondi per contrastare la crisi, motivata con una serie di dati (non certificati o comunque senza una fonte attendibile. E in questi casi, come sostiene a ragione il Commissario straordinario dell’Ente foreste Giuseppe Pulina: “a tutti gli studenti di Scienze naturali, Economiche e Sociali del mondo è noto che le “elaborazioni sofisticate di dati del cavolo danno risultati del piffero”). Nella missiva avanzano, a campagna in corso, delle previsioni pro domo mea: prevedono una sovra produzione di 200 quintali di Pecorino romano, senza conoscere la produzione della primavera (i mesi in cui si munge più latte) e senza esplicitare dati certi sulle maggior quantità di latte e di Pecorino prodotto in inverno e ancor di meno mostrano le giacenze (se esistono).

E’ ancora il professor Giuseppe Pulina, in un recente articolo, a sintetizzare bene lo status quo: “pochi dati, molte ipotesi, tanta confusione”. Nel suo ragionamento il professore di Agraria sostiene che le condizioni climatiche e altri fattori imprevedibili, cosi come hanno favorito la produzione in inverno, potrebbero influenzarla negativamente in primavera, “con una chiusura dei conferimenti che si attesterebbe su un più 10-15 per cento rientrante nella normale fluttuazione fra le annate”.

Un altro tassello evidenziato da Pulina “è che mancano i dati sulle giacenze, in particolare sull'invenduto (se ne esiste...) e sul latte prodotto mensilmente, per poter formulare un'accurata previsione e gestire, se mai fosse possibile, le produzioni primaverili di Pecorino romano. Le voci di sovra produzione attuali, in sostanza, porterebbero a scaricare sugli allevatori l'inefficienza del sistema di trasformazione a regolare le produzioni: storia vecchia, purtroppo”.

Condividendo l’analisi, sosteniamo anche la proposta del Commissario di istituire un soggetto terzo promosso dall'assessorato per l'Agricoltura. Una Authority che riceve dai caseifici e mette a disposizione i dati dei conferimenti del latte, delle produzioni di formaggio, delle vendite e delle eventuali giacenze. Una adesione libera, in cui solo chi mette a disposizione della collettività i dati potrà anche usufruire degli aiuti pubblici.

In questo modo si eviterebbero le speculazioni e i balletti di cifre. Con la trasparenza si eviterebbe la confusione che stiamo vivendo in questi mesi, dove si gioca con il terrorismo e le notizie artefatte che condizionano la stabilità del mercato. Si eviterebbero i giochetti sul prezzo del latte che penalizzano sempre e comunque il pastore.

Insomma si creerebbero le condizioni per un accordo di filiera e per istituire quell’Organismo interprofessionale (lo chiediamo da due anni) che consentirebbe di regolamentare il mercato. 

Senza regole, come la Coldiretti ha sostenuto da tempo, non potrà mai esserci equilibrio nella filiera e una giusta remunerazione per il pastore.

Ciò che stiamo vivendo è paradossale. Gli industriali hanno scelto unilateralmente di pagare il latte a 90 centesimi, e oggi addirittura minacciano di abbassare il prezzo a campagna in corso e di chiudere i caseifici per la troppa produzione di latte, dopo che appena un anno fa hanno incentivato i pastori. Ancor più paradossale è quanto stanno vivendo i pastori di capre. Anche in questo caso poco meno di 12 mesi fa hanno raccontato di un futuro roseo per il latte di capra e i suoi derivati promuovendo la crescita delle produzioni. Oggi molti allevatori non riescono a trovare un caseificio dove conferirlo. Abbiamo una classe industriale che non si assume mai le proprie colpe ma che scarica tutto sull’anello più debole, con la politica che fa da spettatore.      

Questi sono i motivi che ci hanno indotto a presentare attraverso i nostri legali una diffida ai trasformatori. Lo facciamo ai sensi dell’articolo 62, comma 10 del Decreto legge n.1 del 2012.  Intimiamo di pagare il latte non sotto il prezzo pattuito a inizio campagna o della prima fattura per quei pastori che non avessero contratto. E di versare i conguagli rispetto al prezzo ribassato in corso di campagna. Se cosi non fosse difenderemo i diritti dei nostri soci in sede giudiziaria come previsto dall’articolo 62.

 

LE PERPLESSITA’ DI COLDIRETTI SARDEGNA

 

  • Perché far pagare ai pastori l’incapacità di regolamentare il mercato che Coldiretti chiede da oltre due anni?
  • Perché si è prodotto tanto? E’ sempre colpa dei pastori?
  • Perché negli anni scorsi si è incentivata la produzione del latte e oggi si minaccia la chiusura dei caseifici (in atto nel caso del latte di capra)?

 

PREMI COMUNITARI

Sui mancati pagamenti del Premio Unico e del Psr stiamo registrando un ritardo che non può trovare nessuna giustificazione, se non nel mal funzionamento della pubblica amministrazione. In questo modo si stanno mettendo le aziende nelle condizioni di chiudere. Alcune non ricevono premi dal 2013.

Sul refresh solo grazie al nostro lungo e pervicace lavoro si è riusciti a trovare una soluzione alla fine dello scorso anno, quando è stata accolta la proposta che presentammo l’anno prima: la riapertura dei termini per riesaminare le pratiche del Psr e della Pac in anomalia e verificarle con i sopralluoghi nel campo grazie alle nuove competenze concesse dall'ente pagatore nazionale Agea a quello regionale Argea. Purtroppo si procede a rilento e le pratiche sono ancora bloccate.

Stiamo sollecitando per affrettare il pagamento delle domande del 2015 dove però abbiamo riscontrato e denunciato che oltre l'80 per cento delle pratiche di agroambiente e di indennità compensativa non sono ancora state istruite.

La soluzione che proponiamo in questo caso è quella di istituire una task force che consenta di accelerare l’iter delle pratiche. Consapevoli che i dipendenti di Argea non riescono a smaltire da soli tutta la mole di lavoro, riteniamo necessario l’incremento del personale, con spostamenti interni.

L’appello che rivolgiamo per l’ennesima volta alla Regione è che si proceda spediti perché le aziende non possono aspettare oltre e contemporaneamente si lavori per istituire l’Ente pagatore sardo.

                       

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