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L'umiliazione a cortes apertas e una poesia su whats app: questi i motivi della follia omicida nei confronti di Gianluca Monni

Stefano Masala coinvolto con la scusa di una ragazza: dettagli agghiaccianti dalle indagini dei carabinieri

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Umiliato, deriso, picchiato da Gianluca Monni a cortes apertas a Orune. La rabbia acuita dopo la diffusione su whatsapp di una poesia in orunese  ha  poi fatto scatenare la follia omicida e la pianificazione del delitto.

Paolo Enrico Pinna ha pianificato l’omicidio del giovane ragazzo orunese coinvolgendo nel suo piano criminale Alberto Cubeddu.

I fatti sull’omicidio di Gianluca Monni e la sparizione di Stefano Masala sono stati ricostuiti con minuzia di particolari stamattina dai Carabinieri del Comando di Nuoro che hanno portato avanti le indagini e arrestato i protagonisti di questa vicenda.

Alle prime luci dell’alba, i Carabinieri del Comando Provinciale di Nuoro, in concorso con i Carabinieri del Comando Provinciale di Sassari, del ROS, del Reparto Investigazioni Scientifiche di Cagliari e dello Squadrone Eliportato “Cacciatori di Sardegna” di Abbasanta, hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare emesse rispettivamente dai giudici per le indagini preliminari del Tribunale di Nuoro, dottor Mauro Pusceddu, e del Tribunale per i Minorenni di Sassari, dottoressa Maria Stefania Palmas, su richiesta della Procura della Repubblica di Nuoro e della Procura della Repubblica per i Minorenni di Sassari.

Le indagini, portate avanti incessantemente per più di un anno sotto la direzione dei Procuratori di Nuoro, dottor Andrea Garau, e della Procura per i minori di Sassari, dottoressa Elena Pitzorno, hanno consentito di fare luce sia sul grave fatto di sangue, sia sulla scomparsa di Stefano Masala, il 29enne di Nule di cui si sono perse le tracce proprio dallo stesso giorno dell’omicidio di Monni.

Sono stati arrestati e portati nell’Istituto Penitenziario per Minorenni di Quartucciu e nel carcere di Nuoro: Paolo Enrico Pinna, del 1998, residente a Nule, disoccupato e minorenne all’epoca dei fatti per i quali è indagato, e Alberto Cubeddu, nato e residente a Ozieri classe 1995 allevatore, cugino di Pinna. I due sono stati arrestati perché ritenuti responsabili in concorso: dell’omicidio premeditato e per futili motivi di Gianluca Monni; del porto e della detenzione illegali di un fucile cal. 12, utilizzato per l’omicidio; del sequestro di persona a scopo di rapina e dell’omicidio premeditato di Stefano Masala; della distruzione del cadavere (allo stato ancora non rinvenuto) di Stefano Masala; dell’incendio della vettura di Masala, utilizzata per compiere l’omicidio di Monni e della calunnia nei confronti di Masala.

Pinna inoltre è ritenuto responsabile anche  della ricettazione, della detenzione e del porto illegale di una pistola, della molestia nei confronti della fidanzata di Monni, della minaccia con quest'arma nei confronti di Gialuca Monni e di maltrattamenti in famiglia nei confronti della propria madre.

Di seguito la ricostruzione dei fatti come emersa dalle indagini, condotta affiancando ad intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché ad analisi ed indagini tecniche, metodologie investigative di tipo classico fornita dagli stessi carabinieri:

“L’8 maggio 2015, alle ore 07.05 circa, in Orune, nel Corso Repubblica, all’altezza del civico 150, un individuo armato di fucile esplose tre fucilate all’indirizzo di Monni Gianluca colpendolo all’avambraccio, al fianco e al torace, cagionandone la morte.

La notte tra l’8 e il 9 maggio 2015, in loc.“Osaspera” dell’agro di Pattada, al km. 42 della S.S. 128 bis, fu ritrovava completamente bruciata la Opel Corsa utilizzata dal Masala Stefano la sera della sua scomparsa. L’allarme della vettura in fiamme fu dato da un passante, il quale intorno alle 23:45 circa, mentre faceva rientro a casa, notò la predetta macchina non ancora completamente avvolta dalle fiamme.

Il ritrovamento della Opel Corsa permise di poter affermare che si trattasse della medesima immortalata dalle telecamere di Orune la mattina dell’omicidio di Monni Gianluca. La certezza scaturì dal fatto che quando Masala Stefano uscì di casa, la Opel montava i cerchi in lega su tutti e quattro i pneumatici, così come appurato dalle riprese delle telecamere di Nule. Al momento del ritrovamento, invece, presentava il cerchione posteriore destro non in lega e quindi completamente diverso dagli altri, così come la Opel Corsa catturata, la mattina dell’omicidio di Monni Gianluca, dagli impianti di videosorveglianza del Banco di Sardegna e del Comune di Orune. Non si trattò, pertanto, di una semplice casualità, ma del riscontro oggettivo che quella macchina fu utilizzata per uccidere il giovane studente orunese.

A seguito di questo fatto, mentre le prime fasi delle indagini furono rivolte verso l’individuazione degli assassini di Monni Gianluca, con il passare dei giorni e delle attività investigative poste in essere, venne tratta la conclusione che anche Masala Stefano fu ucciso, peraltro dalla stessa mano.

Le prime informali notizie acquisite sul luogo dell’omicidio portarono alla luce un fatto non denunciato e quindi non conosciuto dai Carabinieri di Orune: durante la manifestazione di “Cortes Apertas” tenutasi in quel centro nei giorni 12 – 13 e 14 dicembre 2014, si scatenò una violenta rissa che vide coinvolto Monni Gianluca ed il Pinna Paolo Enrico. Questo giovane nulese importunò la ragazza del Monni e da lì ne nacque un violento alterco dentro la sala da ballo, nel corso del quale Pinna Paolo Enrico puntò una pistola in faccia al Monni Gianluca, minacciandolo. Successivamente Pinna venne disarmato e malmenato da amici di Gianluca che erano corsi in suo aiuto. Pinna Paolo Enrico quella sera era in compagnia di Masala Stefano.

Alcuni giorni dopo quei fatti, Pinna Paolo Enrico ed il padre si recarono a casa della famiglia di Gianluca per chiarire la questione. Nella circostanza Pinna Roberto Salvatore spronò Gianluca ad attivarsi affinché la pistola sottratta al figlio gli venisse restituita.

La situazione si calmò per alcuni mesi, fino al 20 aprile 2015, giorno in cui venne postata in una chat di WhatsApp la poesia di un poeta estemporaneo di Orune che il Pinna, erroneamente, interpretò come un ulteriore affronto in relazione a quanto gli era successo nel precedente mese di dicembre 2014. Di certo il livore per quella vicenda era sempre vivo e forte, essendo stata troppo grave l’umiliazione inflittagli dagli orunesi ed in particolare dal Monni, ma la lettura di quei versi del poeta orunese diede evidente vigore alla sua sete di vendetta e da quel momento Pinna iniziò a pianificare le modalità esecutive e logistiche che gli consentissero la perfetta riuscita dell’azione criminale, attraverso modalità e mezzi che gli permettessero altresì di avere garantita l’impunità.

E da subito, immediatamente, appena presa lettura della poesia che riaccese la rabbia vendicativa, Pinna coinvolse il cugino Cubeddu: fu la prima persona a cui chiese un parere sull’interpretazione delle rime dell’orunese, nonché la prima persona a cui manifestò il significato univoco di sbefeggio che lui gli attribuiva.

Dopo questo scambio di punti di vista, dal 28.04.2015, Paolo Enrico intavolò con Cubeddu Alberto discussioni circa l’efficienza della sua motocicletta e contemporaneamente riallacciò i contatti telefonici con Masala Stefano. Infatti, come si evince dall’esame dei tabulati telefonici, Pinna chiamò Masala senza ottenere risposta e questi, non avendo addirittura nella memoria del telefono il numero del Pinna, gli inviò sms chiedendogli chi fosse.

Questo dato di fatto è la prova più nitida della scarsità di frequentazione che oramai – dopo il dicembre 2014- caratterizzava il rapporto tra i due ragazzi, corroborato dai tabulati che hanno confermato l’esiguità e rarefazione dei rapporti telefonici tra i due dal dicembre 2014 al 28 aprile 2015.

Siamo pertanto di fronte a due chiari momenti di pianificazione del programma criminoso: stessa data, paradigmaticamente. Mentre Pinna riallacciava i rapporti con Masala, nello stesso giorno, esattamente nella stessa giornata del 28 aprile 2015, ci si attivava affinché la moto di Alberto Cubeddu fosse resa efficiente e pronta per il post-utilizzo dell’auto di Masala il giorno del delitto.

Così la moto venne manutenzionata presso un’officina meccanica e ai primi di maggio venne provata, risultando perfettamente efficiente e quindi pronta all’uso che ne sarebbe poi conseguito.

La sera del 07.05.2015 iniziò la fase esecutiva, quando Pinna Paolo Enrico, con l’inganno, fece credere al Masala Stefano di aver interceduto nei confronti di una ragazza affinché iniziasse una relazione sentimentale con lui. Si incontrarono, uscirono in macchina assieme, si fermarono in prossimità di un terreno nel quale il Pinna andò a prendere un involucro che mise dentro la Opel Corsa. I due discussero e da allora di Masala Stefano si persero le tracce. Le intercettazioni hanno permesso di poter affermare che venne ucciso. Va tuttavia detto che allo stato attuale non si è in grado di poter documentare come il Masala Stefano fu ucciso e dove venne occultato e distrutto il suo cadavere.

Con la Opel Corsa sottratta al Masala, Pinna andò ad Orune assieme ad Alberto Cubeddu e i due uccisero Monni Gianluca. Poi si recarono ad Ozieri, nascosero l’Opel Corsa in locali forniti da Cubeddu e, infine, con la moto del cugino, Paolo Enrico fece rientro a Nule. Nella notte l’auto fu poi bruciata.  

Resta da domandarsi per quale motivo l’autovettura venne sottratta a Stefano Masala e questi fu ucciso.

Il Pinna Paolo Enrico aveva la necessità di reperire una vettura con la quale raggiungere Orune. Avrebbe potuto rubarla a chiunque avendone certamente le capacità: le intercettazioni dimostreranno non solo la capacità, ma l’esperienza reale, ovvero la presenza in casa Pinna di autovetture rubate, così come le intercettazioni raccontano con chiarezza l’esperienza di Cubeddu nel bruciare le macchine.

Agli atti sono emersi elementi di fatto certi che consentono di ricostruire tale motivo: gli assassini hanno avuto l’idea di far ricadere sul povero Masala Stefano le responsabilità dell’omicidio di Monni Gianluca.

Questi i dati di fatto certi:

  • Masala Stefano era presente alla rissa di Orune del dicembre 2014 e quindi poteva insinuarsi con buona facilità il sospetto di una sua vendetta per quello che era accaduto;
  • la Opel Corsa ripresa dalle telecamere avrebbe documentato la sua presenza in quel paese;
  • la sua scomparsa poteva essere ricondotta ad un allontanamento volontario per sottrarsi alle sue penali responsabilità sull’omicidio Monni.
  • Stefano era un ragazzo semplice e ingenuo: avvicinabile con una scusa senza troppe difficoltà, soprattutto con l’argomento delle ragazze.
  • Pinna utilizzò davvero l’argomento ragazze.
  • dopo la rissa del dicembre 2014, tra Pinna e Masala si erano ridotti enormemente i rapporti (quelli telefonici si erano fatti estremamente rari), ma  proprio dopo la lettura della poesia che fa esplodere i propositi omicidiari di Pinna (20.4.2015), e proprio nella data in cui Pinna e Cubeddu programmano l’omicidio preoccupandosi dell’efficienza della moto da usare per il ritorno di Pinna a Nule (28.4.2015), ecco che riprendono i contatti di Pinna con Masala: proprio il 28 aprile 2015 PINNA riallaccia i rapporti con Stefano Masala.

In sostanza, l’omicidio di Monni e quello di Masala non sono due eventi disancorati l’uno dall’altro, ma appartenenti ad un unico disegno criminoso, la cui genesi trova il suo radicamento nella rissa di Orune del dicembre 2014.

Se non fosse accaduto quel fatto, Monni Gianluca e Masala Stefano sarebbero ancora in vita. Le motivazioni poste alla base degli omicidi sono diverse e tuttavia convergenti sulla triste fine che i due avrebbero dovuto fare.

Per Monni Gianluca si è trattato della vendetta attuata dal Pinna Paolo Enrico nei suoi confronti perché lo aveva picchiato, deriso, umiliato e soprattutto derubato della pistola con la quale lo aveva minacciato.

Per Masala Stefano, invece, occorreva ucciderlo non solo per sottrargli con facilità l’autovettura, necessaria per raggiungere Orune, ma, soprattutto per far ricadere su di lui la responsabilità dell’omicidio di Monni Gianluca. 

La predetta ricostruzione è stata documentata minuziosamente dai militari del Comando Provinciale di Nuoro, grazie anche al supporto delle varie componenti specialistiche dell’Arma, attraverso  rilievi tecnici, esame del materiale in sequestro, relazione di consulenza medico-legale, relazioni dei consulenti del p.m. nominati per l’estrazione del materiale informatico dai supporti telefonici, dal personal computer dagli altri hardware e connessi software, dal tenore delle sommarie informazioni raccolte, dalle emergenze dei tabulati telefonici, dall’esame delle carte geografiche, dalle risultanze dell’attività di intercettazione disposte su decine di utenze telefoniche.

Le indagini continuano a tutto campo, al fine di chiarire ulteriormente la posizione di tutti gli indagati e fare luce su alcuni aspetti della vicenda che, al momento, rimangono oscuri.

Coinvolto nella vicenda sarebbe anche Antonio Zappareddu, allevatore nato e residente ad Ozieri classe 1990 ritenuto responsabile del porto e della detenzione illegali di un fucile e di una pistola (il fatto è emerso nel corso delle indagini ma non ha alcuna attinenza con l’omicidio, così come le armi non sono quelle utilizzate per compiere i delitti di Monni e Masala)"

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