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Coldiretti. Un Consorzio di secondo livello per stimolare la concorrenza nel mercato lattiero caseario

a cura della redazione
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Si è tornati indietro di 15 anni o meglio non si riesce ad andare avanti e liberarsi dei vetusti limiti di un settore strategico per l’economia sarda, quello lattiero caseario.

 

Al primo ostacolo (l’eccesso di offerta) stanno riemergendo i limiti di sempre. L’assenza di mercato e la dipendenza da pochi industriali che lo governano in modo speculativo a seconda del proprio tornaconto.

 

La nuova fotografia scattata in questi mesi è la copia delle tante di un album poco felice che negli ultimi tre anni si era pensato di esorcizzare con le ottime prestazioni del Pecorino romano arrivato a toccare nel 2015 il prezzo record di 9,50 euro al kg, superando (nel prezzo), nel luglio del 2014, quello del Parmigiano reggiano e del Grana padano.

 

Purtroppo, e Coldiretti lo ha sempre sottolineato, il momento positivo era dovuto a fattori contingenti piuttosto che ad una programmazione razionale del settore, che non si è riusciti a dare neppure nel momento di tregua.

 

Il mercato lattiero caseario sardo ha continuato e continua a restare in mano a pochi industriali che in modo speculativo azzardano ribassi e deprimono la domanda interna di prodotto con prezzi fuori mercato.

 

Questo la Coldiretti lo ha denunciato da subito portando avanti, troppo spesso in solitaria, una battaglia di legalità e trasparenza, oltre che di proposte atte a liberare il mercato e superare questa situazione di anomalia tutta sarda.

 

Nel mese di aprile è stata presentata una diffida al mondo della trasformazione (ai sensi dell’articolo 62, comma 10 del Decreto legge n.1 del 2012) in quanto non è legale cambiare le regole di un contratto a campagna in corso. Nel caso specifico abbassare il prezzo del latte in modo del tutto arbitrario.

 

Un’azione questa del ribasso del prezzo (da 90 a 80 centesimi al litro) e della minaccia di chiudere i caseifici in modo anticipato (attuato nel caso del latte di capra) proposta senza alcun confronto preventivo e senza la corroborazione con dati certi che giustificassero la paventata catastrofe (ancora ad attuarsi) di un crollo verticale del prezzo del Pecorino romano.

 

Un’azione preventiva, insomma, in cui a pagare come sempre (e questa volta in anticipo) sono i pastori, mentre i trasformatori hanno continuato a vendere il Pecorino a prezzi alti.

 

Diffida che è stata accompagnata dalla richiesta di un’Authority che riceve dai caseifici e mette a disposizione della filiera, i dati dei conferimenti del latte, delle produzioni di formaggio, delle vendite e delle eventuali giacenze. Una adesione libera, in cui solo chi mette a disposizione della collettività i dati potrà anche usufruire degli aiuti pubblici (già richiesti dal mondo della trasformazione).

 

A queste azioni è seguita l’azione legale con la denuncia dei trasformatori per aver violato l’articolo 62 del Decreto legge n.1 del 2012.

 

La giusta protesta e denuncia è sempre accompagnata dalla Coldiretti dalla proposta concreta.

 

A favorire l’assenza della concorrenza e la dipendenza del comparto da poche industrie contribuisce in modo determinante un settore cooperativistico ancora troppo debole e sfilacciato.

 

Per superare questo status quo che sfavorisce e limita tutta la filiera, la Coldiretti ripropone un Consorzio di secondo livello, già avanzato nel 2011 e poi fermatosi a causa della discontinuità politica verificatasi a livello assessoriale.

 

La proposta è semplice quanto pratica e consentirebbe quella concorrenza da più parti auspicata.  

 

Si tratterebbe di aggregare in un unico consorzio tutte le cooperative che producono Pecorino romano incluse le associazioni di categoria del settore primario, che vedrebbe in fase di start up la compartecipazione della Sfirs con propri fondi.

 

In questo modo si unirebbe una parte oggi disaggregata che produce oltre il 60 per cento del Pecorino romano, consentendogli di esercitare e imprimere nel mercato la propria forza.

 

Una governance sociale globale di alto livello guidato da un management adeguato.

 

Compito del Consorzio di secondo livello è quello panificare la produzione annua; implementare una strategia di marketing; collaborare con università e centri di ricerca per promuovere la diversificazione delle produzioni; favorire la gestione delle eccedenze del prodotto con una immissione programmata sul mercato e la promozione di nuove produzioni preventivamente concordate con il mercato.

 

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