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Aras: “grazie alle innovazioni dei pastori certifichiamo latte di altissima qualità”

a cura della redazione
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Primi in qualità oltre che in quantità. Il latte dei pastori sardi non ha eguali o perlomeno non è secondo a nessuno: è buono e sano ed è alla base di formaggi eccellenti e garantiti per la salute dei consumatori.

Lo dimostrano i dati prodotti dall’assistenza tecnica dell’Aras nell’ambito di un lavoro redatto dall’ufficio studi dell’Associazione.

Le grandi trasformazioni degli ultimi decenni hanno consentito agli ovili sardi di migliorare significativamente oltre che la qualità della vita dei pastori anche quella degli animali e di conseguenza del loro prodotto principe: il latte.

La diminuzione significativa degli ovili (quasi il 50 per cento negli ultimi 30 anni), l’aumentato numero di pecore, la stanzialità che ha preso il posto della transumanza con l’introduzione di tecniche, di formazione  e di informazioni altamente innovative in azienda sono tra le varianti che hanno dato vita ad un prodotto ottimo.

Grandi cambiamenti che sono stati messi a frutto con l’introduzione  della misura per il benessere animale che ha portato ad un rapporto più stretto tra pastori e tecnici consentendo alle aziende di conoscere e sfruttare al meglio le nuove tecnologie, migliorare le condizioni igieniche ed essere innovativi: “i nostri veterinari e zootecnici, grazie soprattutto a questa misura, hanno un rapporto diretto con circa il 90 per cento degli oltre 12mila e 500 pastori - afferma il direttore dell’Aras Marino Contu -. “E’ la dimostrazione che la formazione degli allevamenti in aula e in allevamento è fondamentale. Viene premiata la strategia delle politiche regionali dell’Assessorato all’Agricoltura e dell’Agenzia Laore”.

Il significativo miglioramento della salubrità del latte è dimostrato dai dati: dal 2007 ad oggi è stata dimezzata la presenza delle cellule somatiche e si è ridotta di due terzi la carica batterica, mentre aumentano i grassi “sani” polinsaturi soprattutto quando c’è il pascolamento di erba, riconosciuti come uno dei fattori della longevità.

“Le cellule somatiche (ridotte dal 2004 ad oggi da una media di 1milione 570mila a 973mila) sono direttamente correlate al benessere animale – spiega il presidente dell’Aras Sandro Lasi –. La loro stima è, infatti, considerata un parametro fondamentale per capire lo stato sanitario della mammella, ma anche dello stress, ed in generale dello stato di salute delle pecore. Cosi come dei metodi di mungitura e della manutenzione delle mungitrici”.

Allo stesso modo “la carica batterica – dice sempre il presidente - è una sentinella delle condizioni igieniche dell'allevamento e nello specifico delle pratiche di mungitura e stoccaggio del latte. Anche in questo caso si sono fatti passi da gigante. La carica batterica presente nel latte oggi è quasi inesistente, essendo calata dei due terzi, passando, sempre nel decennio 2004 – 2014, da una media di 720mila a 230mila”.

“Il latte con meno cellule somatiche e carica batterica – riassume il direttore dell’Aras Marino Contu – è un prodotto più sano e pulito che incide in modo favorevole anche nella resa e nella durata del periodo di conservazione dei prodotti lattiero-caseari. Inoltre – evidenzia il direttore – oltre ad avere degli animali più sani e meno stressati, richiede un minore trattamento termico (per eliminare i batteri nocivi), consentendo in questo modo ai formaggi di conservare i profumi e i sapori tipici delle essenze dei nostri pascoli naturali”.

“Il nostro latte – evidenzia ancora il direttore - è ben al di sotto dei limiti chiesti dalla Comunità europea alla Regione sarda per avere i premi sul benessere, fissato in un milione di cellule. Risultato questo che è stato raggiunto con due anni di anticipo grazie alla collaborazione di tutti gli attori della filiera”.

“Addirittura – dice ancora il direttore -, riguardo al parametro della carica batterica, oltre i trequarti  (220milioni dei totali 300 milioni di litri prodotti ogni anno nell’isola) possono essere lavorati a latte crudo, cioè senza alcun trattamento termico, per produrre il Fiore sardo Dop. Mentre quasi la totalità può essere utilizzato per le altre nostre Dop, il Pecorino Romano e il Pecorino Sardo”.

Il dato è ulteriormente migliorabile controllando meglio il prelievo e il trasporto del latte ed effettuando, con l’acquisizione di attrezzature altamente innovative, dei miglioramenti di processo nelle analisi.

Un modo per incentivare i pastori e i trasformatori a lavorare un latte ancora più “sano” è pagarlo in base alla qualità: “se ne parla da tempo ma si applica a singhiozzo – ricorda Marino Contu – mentre dovrebbe essere prassi consolidata e obbligatoria. Si potrebbe per esempio pagare il latte per materia utile caseificabile, riconoscendo degli incentivi per i parametri igienico sanitari e per i parametri di “longevità”.

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