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L'unione sarda. Ecco perché la Sardegna brucia

La prevenzione è insufficiente

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di Giorgio Onorato Cicalò, Direttore regionale della protezione civile

In Sardegna il rischio incendi è paragonabile al rischio tornado negli Stati Uniti o al rischio sismico in Giappone. In questi Stati ogni infrastruttura civile, ogni abitazione, ogni intervento sul territorio è pensato per resistere alla azione esterna e devastante della natura.
Nella nostra Isola si è pianificato l'uso del territorio e si è costruito senza pensare alle problematiche connesse agli incendi rurali e boschivi, che rappresentano il principale rischio ambientale.
Nel tempo i canoni estetici, come la prescrizione di coperture lignee, pergole in legno e canne, hanno prevalso sulle regole per la sicurezza. Questo modo di costruire, certamente bello da vedere, è però molto pericoloso. Nei mesi caldi, la vegetazione, se adiacente a manufatti lignei, costituisce un nastro continuo su cui le fiamme trovano facile via di propagazione.
Gli insediamenti costieri sono stati immersi nella vegetazione naturale, senza aver realizzato le difese passive, l'esposizione alla azione distruttiva degli incendi è la massima possibile.
Nel costruire non si è tenuto conto che la tipologia di vegetazione, la pendenza, i venti dominanti e l'esposizione di versanti, sono fattori determinanti le modalità di propagazione degli incendi.
La prevenzione del rischio incendi si articola in due modalità.
La prima, non strutturale riguarda la predisposizione dei piani di protezione civile, la formazione e l'informazione e le esercitazioni.
La seconda, strutturale, comporta la realizzazione di opere, lavori e azioni alcune delle quali, per essere efficaci devono essere ripetute annualmente, quali ad esempio gli sfalci dell'erba secca e la ripulitura da materiali infiammabili.
Le azioni preventive messe in campo in Sardegna sono insufficienti anche perché spesso sono economicamente insostenibili.
Le case, costruite con i giusti criteri, dovrebbero essere il rifugio più sicuro, dove le persone potrebbero attendere il passaggio del fronte delle fiamme e del fumo, anziché essere costretti a fuggire oppure essere allontanati per scopi precauzionali. Non esistono zone verdi, magari irrigate con le acque reflue, pensate a tutela degli insediamenti abitativi.
La fruizione delle bellezze naturali costiere e i parcheggi annessi sono consentiti senza regole, la viabilità di accesso ostacola l'ingresso dei mezzi antincendio e in caso di incendio la stessa viabilità viene intasata dai bagnanti in fuga. Esistono aree in cui non è presente neanche un idrante idoneo al riempimento dei mezzi antincendio. Ogni singolo intervento sul territorio, dovrà auspicabilmente contribuire a ridurre la vulnerabilità e aumentare così la capacità di proteggersi autonomamente dal passaggio del fuoco. Il concetto di “territorio resiliente” e di “comunità resiliente” deve diventare patrimonio comune di tutta la società civile.

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