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Coldiretti: “sul settore ovicaprino serve discontinuità o si rischia di tornare indietro di 20 anni"

Appello alla cooperazione: "facciamo squadra altrimenti vince il terrorismo"

a cura della redazione
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Da anni siamo convinti sostenitori dell'istituzione dell'organismo interprofessionale per il settore ovicaprino. Ci abbiamo creduto veramente nella speranza che anche la produzione primaria potesse trovare nella chiarezza degli accordi di filiera la dignità e il ruolo che le spetta”.

Lo scrivono il presidente ed il direttore di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu e Luca Saba in una lettera inviata questa mattina all'assessore regionale all'Agricoltura in cui le hanno comunicato che avrebbero disertato il tavolo sul latte convocato per oggi.

Pur rispettando la figura istituzionale non ci sono le condizioni per dialogare o instaurare un rapporto costruttivo con chi specula alle spalle dei pastori – scrivono nella missiva i vertici della Coldiretti sarda -. Ci troviamo di fronte ad una situazione come quella di 20 anni fa, dove ognuno fa ciò che vuole, scaricando le inefficienze sulla produzione primaria e lasciando che il prodotto venga accaparrato dagli stessi soggetti che hanno sempre dominato il mercato con denaro contante ed acquisti a basso prezzo”.

L'analisi del Presidente e del Direttore è impietosa e ricalca quanto più volte ribadito nel corso di questi ultimi anni quando nell'indifferenza più meno diffusa si chiedeva l'istituzione dell'organismo interprofessionale preventivando, in sua assenza, il panorama che oggi si sta affacciando all'orizzonte. .

Purtroppo riscontriamo l’assenza totale di trasparenza nella conoscenza e diffusione dei dati – riporta la lettera indirizzata alla titolare dell'assessorato all'Agricoltura -. Sgambetti continui che avvengono all’interno del comparto della trasformazione con la svendita del Pecorino romano, la continua diffusione di messaggi di terrore sulla situazione attuale, la fuori uscita di dati non veritieri sulle quotazioni, la rinuncia, a campagna iniziata, al ritiro del latte caprino per moltissimi produttori, la riduzione progressiva e ingiustificata degli acconti sul latte ed infine la velata minaccia di chiusura anticipata di caseifici. Tutto questo rende impossibile credere che si possa instaurare un qualsiasi rapporto costruttivo”.

Da anni – continua - abbiamo chiesto che si potesse impostare la programmazione produttiva del Pecorino romano, che arriva solo oggi a compimento negli intenti con l’immissione di un tetto massimo, ma senza sanzioni significative che impediscano realmente a chiunque di andare in sovrapproduzione. Abbiamo tentato di fare sistema credendo che la concorrenza del mercato del latte ovino passasse attraverso un rafforzamento concreto della cooperazione con interventi di capitalizzazione diretta ma, purtroppo, riscontriamo ancora la perdita di questa fondamentale occasione”.

L'amara constatazione è che si sia persa ancora una volta “l’occasione di cambiare il settore, di renderlo finalmente maturo, di poterlo far affacciare alla tanto sperata solidità ed internazionalizzazione. Ci troviamo invece davanti a chi nel momento di maggior ricavo è caduto nel panico senza saper neanche affrontare la congiuntura positiva”.

Che colpa hanno i pastori di tutto ciò? - è la domanda di Cualbu e Saba - e perché devono essere sempre loro a pagare le spese di chi non sa governare un mercato speculativo come questo? Si, perché – sottolineano - di speculazione si tratta. I dati che tutti spiattellano, ma che nessuno certifica parlano da settembre 2015 di iperproduzione e crollo dei prezzi.

Ma se la produzione maggiore si sta realmente concretizzando (e non sappiamo ancora in che misura) non è invece vero che è crollato il prezzo, ma è semplicemente diminuito. I dati ufficiali danno ancora oggi i prezzi di vendita nella media di 8.50 euro al chilogrammo che arrivano sino a 9,10 euro al chilogrammo (Fonte ISMEA). Perché allora si parla di vendite a 7,50 euro al chilogrammo? Chi mente ? Chi sta speculando sul settore?”

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