Fino al 7 luglio è aperta al Museo Nivola la prima mostra di Andrea Branzi in Sardegna, La Metropoli Primitiva. "La rassegna – dice Giuliana Altea, presidente della Fondazione Nivola – apre la programmazione espositiva del 2016 al museo, dedicata al rapporto tra arte, artigianato e design: un intreccio fortemente presente nell'opera di Costantino Nivola e che è rispecchiato al più alto livello dalla ricerca di Branzi". La mostra comprende molti oggetti creati recentemente, progetti e video, insieme a una selezione di opere delle fasi anteriori del padre del "Radical Design". Sotto il nome di "metropoli primitiva", Branzi propone una visione dell'attuale situazione urbana in cui la nuova capacità cognitiva dell'umanità trascende certe tradizioni culturali e materiali per offrire una libertà primordiale. Negli ultimi tre decenni Branzi ha periodicamente esposto opere grafiche, modelli di ambienti immaginari e mobili che lo hanno segnalato come il pensatore più originale nel mondo del design, qualcuno da cui il pubblico attende ansiosamente il prossimo "Branzi".
Sebbene non abbia mai incontrato Costantino Nivola, Branzi avverte una sincera affinità con i temi dell'artista sardo, in particolare l'uso di grandi monoliti, presenti nelle opere in mostra sotto forma di modelli che richiamano i grandi massi installati da Nivola in Piazza Satta a Nuoro. A richiamare questa sintonia, nelle sale dell'esposizione una delle grandi Madri in marmo dello scultore dialoga con la serie dei Corpi di Branzi, singolari contenitori/sculture carichi di suggestioni arcaiche. Una delle opere in mostra, Sasso (un masso di basalto trasformato in scatola, con un innesto tra naturale e artificiale tipico di Branzi) è stata realizzata ad Orani, "a conferma dell'interesse con cui il Museo guarda alle straordinarie eccellenze artigiane presenti sul territorio, anche questa volta partecipi della realizzazione del progetto espositivo" – sottolinea Antonella Camarda, direttore del Museo Nivola
La Metropoli Primitiva comprende numerosi oggetti scultorei usati come vasi e fatti di materiali quali plastilina, legno, pietra, bronzo e plexiglas. Le immagini di corpi senza testa, sedie fatte in parte di ceppi e oggetti in scatola circondati da specchi che ne restituiscono infiniti riflessi hanno sul visitatore un effetto al tempo stesso scioccante e rassicurante, come cose familiari straniate.
Andrea Branzi, uno dei più famosi architetti del mondo, non ha mai costruito un edificio. Ha invece proposto visioni di città e disegnato un numero sterminato di oggetti destinati ad abitare gli interni o a essere collocati negli spazi urbani.
Negli anni Sessanta a Firenze è stato ideologo del gruppo radicale Archizoom, sostenendo un approccio all'architettura e all'urbanistica che corrispondesse all'opera non figurativa di Jackson Pollock e Alberto Burri. Da questa iniziale visione liberatoria, rispecchiata dai progetti per No-Stop City, dopo il suo trasferimento a Milano si è sviluppata la sua attività di designer indipendente, che lo ha portato a divenire un membro chiave del movimento del Nuovo Design Italiano, la cui fama fu sancita dall'esposizione al Museum of Modern Art di New York.
Negli anni Ottanta è stato uno dei fondatori della Domus Academy e ha insegnato al Politecnico di Milano, dove ha esercitato una profonda influenza su diverse generazioni di designer. Nel corso del tempo ha definito il suo personale regno di risposte poetiche al design, combinando nella serie Animali domestici elementi della natura non lavorati – come rami e tronchi – con parti rifinite di produzione industriale. Affascinato dal contrasto tra processi industriali e prodotti naturali, nella serie Corpi ha inventato alcuni tra gli oggetti più immaginativi e scultorei che si possano usare come vasi per fiori. Per creare forme dall'effimera funzione di vasi, ha introdotto materiali antitetici fra loro, sperimentando con i bronzi più pesanti e col più lieve dei plexiglas. Negli anni recenti, ispirato dal senso di cancellazione e ritorno alle origini dei quadri di Francis Bacon, Andrea Branzi ha creato una serie di teche con i Dolmen, modelli contenenti una sintesi di alta tecnologia contemporanea e esistenza primordiale. Riconoscendo l'impatto dell'intelligenza artificiale sulla cultura urbana, l'artista anticipa un ritorno a una "metropoli primitiva" di rinnovata fisicità , rappresentata dagli strenui itinerari dei praticanti del parkour, e propone nei suoi modelli di Carnac una fantastica teoria di pietre monolitiche evocanti il sito archeologico cui si riferiscono, un luogo dove il tempo – si tratti di minuti o di migliaia di anni – diventa insignificante.
Branzi ha scritto numerosi libri sul design, in particolare Il Design Italiano 1964-2000 (Electa, 2000), come pure molte riflessioni filosofiche sull'urbanismo, come Modernità debole e diffusa. Il mondo del progetto all'inizio del XXI secolo (Skira, 2006). Ha anche pubblicato diversi lavori di fantasia, come Genetic Tales (Edizioni Alessi, 1998). Espone regolarmente a Milano, Roma, Parigi e Tokyo; le sue opere sono presenti nelle collezioni del Centre Pompidou a Parigi, del MoMA di New York, del Victoria and Albert Museum a Londra, del Vitra Design Museum a Weil-am-Rhein, e del CSAC a Parma.