“Da oggi il grano italiano è ancora più sicuro grazie al divieto ad utilizzare il glifosate nelle coltivazioni in pre-raccolta, mentre quello importato, che arriva in grandi quantità, continua a godere dell’immunità dalle regole nostrane”.
E’ quanto afferma Coldiretti Sardegna nel commentare il decreto del ministero della Salute (che entra in vigore oggi) in attuazione del regolamento Ue 1313 del primo agosto scorso, in cui si dispone la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio e modifica delle condizioni d’impiego di alcuni prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate, sospettato di essere cancerogeno.
Il glifosate è il diserbante più usato (soprattutto negli Stati Uniti e in Canada). E’ un dissecante che viene irrorato nei campi poche settimane prima del raccolto, soprattutto nelle zone umide, per seccare e garantire "artificialmente" un livello proteico elevato.
“Una notizia buona a metà – dichiara il presidente della Coldiretti Battista Cualbu – perché se da una parte l’Italia si conferma la nazione leader mondiale per le politiche rivolte alla sicurezza alimentare ed ambientale (abbiamo il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 14 volte quella dei prodotti extracomunitari (5,7%), dall’altra - evidenzia Cualbu - confermiamo più di una falla nella tutela dei cittadini dai prodotti agroalimentari importati. I nostri concittadini, infatti, continueranno a mangiare la pasta prodotta con il grano Canadese che continuerà ad arrivare legalmente nei nostri piatti con il glifosate. Occorre – è la richiesta del presidente - adottare coerentemente misure precauzionali sull'ingresso in Italia di prodotti stranieri trattati con modalità analoghe come il grano, utilizzato per la pasta, proveniente da Usa e Canada dove viene fatto un uso intensivo del glifosate proprio nella fase di pre-raccolta per accelerare la mietitura”.
L’Italia è il principale produttore europeo di grano duro, destinato alla pasta, con 4,8 milioni di tonnellate su una superficie coltivata, pari a circa 1,3 milioni di ettari. Ma sono ben 2,3 milioni le tonnellate di grano duro che arrivano dall’estero e di queste oltre la metà per un totale di 1,2 milioni di tonnellate che arrivano dal Canada. Il risultato è che quasi un pacco di pasta prodotto in Italia su cinque è fatto con grano canadese che continua ad essere trattato con glifosate nonostante il divieto imposto in Italia.
“Se non si estenderà immediatamente i divieto anche al grano importato – fa notare il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba – ci faremo male due volte, perché in questo modo si allargherà la forbice non solo della qualità tra il grano italiano e quello estero ma anche il prezzo. Il che, in un mercato opaco, in cui aspettiamo non abbiamo un’etichetta trasparente che ci indica l’origine dei grano, significa avvallare una concorrenza sleale per i produttori e non tutelare i consumatori che continueremo ad acquistare pasta prodotta in Italia (che costa meno) ignari però che contenga grano canadese al glifosate”.
“Questa incoerenza – ricorda Battista Cualbu – sta decimando i nostri contadini. Il prezzo del grano in Sardegna è fermo da quarant’anni (48 mila lire nel 1976 – 20 euro oggi); solo nell’ultimo anno è crollato del 30 per cento (dai 30 euro dell’anno scorso ai 20 di quest’anno); negli ultimi 12 anni la superficie destinata alla coltivazione del grano è scesa del 60 per cento, perdendo 58.129 ettari. Si è passati dai 96710 ettari coltivati nel 2004 ai 38581 del 2015. Nel frattempo le importazioni crescono: nel primo semestre del 2016, in Italia, sono aumentate del 14 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.