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Ollolai ha salutato il grande campione Franco Columbu

Le parole pronunciate da Don Luca Mele durante la cerimonia in italiano e inglese

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Tantissime persone hanno salutato questo pomeriggio Franco Columbu. Tutta Ollolai, e numerosi conoscenti e estimatori provenienti da tutta la Sardegna e dalla penisola, erano presenti a rendere omaggio al campione mondiale di culturismo che ha fatto la storia. La bara coperta da rose rosse, ha fatto il suo ingresso in una chiesa di San Michele Arcangelo già piena, seguita dalla moglie e dalla figlia, accompagnate dalle sorelle e dai cognati di Ollolai oltre che da alcuni parenti venuti da Los Angeles. Presente anche il sindaco di San Teodoro Domenico Mannironi, dove Franco venerdì scorso ha perso la vita a causa di un infarto. Durante la cerimonia, tradotta in inglese, è stata particolarmente commovente l'omelia in italiano e inglese del parroco Don Luca Mele, e altrettanto commovente il ricordo tracciato da Don Luciano Pala, che ha concelebrato assieme a don Mele e don Aldo Cottu. Doverosa la presenza di don Pala, parroco di Ollolai nel 1982, anno in cui Franco Columbu donò alla Chiesa di San Michele una campana, "dove volle venissero incisi i nomi del padre e della madre" ha spiegato. Significativa la presenza de Su Cuncordu de Onne, che ha intonato l'Ave Maria, e assieme alla polifonica s'Ispera di Ollolai ha accompagnato la celebrazione. Presente l'assessore agli enti locali Quirico Sanna, il campione di motociclismo Luca Manca che ha donato la maglia della Parigi Dakar. Fortissima commozione da parte dell'amico fraterno di Franco, Claudio Fassi venuto direttamente da Bergamo, figlio di Franco, colui che ha portato il fitness in Italia. Dopo la cerimonia religiosa, il primo cittadino di Ollolai Efisio Arbau, ha sottolineato il grande attaccamento di Columbu alla sua terra. Molti hanno accompagnato Franco in cimitero, e nella sala interna, hanno voluto salutare personalmente i familiari. 

Di seguito le parole di Don Luca Mele, pronunciate durante l'omelia.

«Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25, 13). Venerdì scorso, in tutte le chiese cattoliche, veniva proclamata questa Parola di Dio, la conclusione della parabola delle vergini invitate a nozze. Sembra non ci sia nulla di straordinario in questo insegnamento: la vita, con crudeltà, ce lo ricorda continuamente con improvvise e tristi notizie. Sappiamo anche che nessuno è esente, né un uomo che riesce a sollevare tanti chili quanti sono i suoi centimetri di statura, né una meravigliosa bambina di nove anni, nota a tutti perché figlia di un celebre allenatore. Ogni giorno le campane del mondo annunciano la dipartita inattesa e per noi umanamente ingiusta di persone care, familiari, amici. Quando ciò capita all’improvviso, ti senti come affogare, abbandonato da un Dio che a noi pare fregarsene, addormentato, nel mentre che il mare della vita ti risucchia. Inevitabile gridare: «Salvaci, Signore, siamo perduti!» (Mt 8, 25). Davvero è “poca fede” chiedere aiuto? Se sì, la nostra preghiera oggi è quella degli apostoli: «Signore, aumenta la nostra fede!» (Lc 17, 6). Tendi la mano della tua misericordia e tiraci fuori dal male, caricaci sulla tua barca d’amore, soffiata dallo spirito, e conducici al porto della felicità. Noi, Franco, ti vediamo lì, in riva, sicuro e sorridente, perché sei abituato a viaggiare e a solcare monti e mari, attraversando le Alpi e l’Atlantico. Non è il caso di ripetere ancora quel che sanno tutti, come da pastore e manovale, con 5000 Lire in tasca, sei diventato atleta, attore e campione. La tua storia è una fiaba da ascoltare come bambini per imparare a sognare e credere in se stessi. Mi sembra opportuno ribadire, per il poco che ci siam conosciuti, che il tuo costante allenamento l’hai svolto tra le palestre della famiglia e delle amicizie, conquistando il premio di una moglie amata, di una figlia prediletta, di relazioni vere e autentiche. Fatica spesa e sudore versato sempre con umiltà e senza dimenticare Ollolai. Hai reso famoso un paesino invisibile sulla mappa quando non esistevano social o hashtag; e ogni estate, quando potevi girare ancora l’intero globo terrestre, hai scelto di rientrare nel tuo paese natale perché sapevi che tanti emigrati come te facevano altrettanto per “Santu Pòrthulu”. Tu, desideroso di rivedere volti amici, coltivare vecchie conoscenze, aggiornarti sulle novità del paese. E un altro modo per dire, nonostante le distanze, che tu fossi sempre parte di questa comunità, è l’aver lasciato segni della tua presenza con la generosità, soprattutto nel dono della campana nei primi anni ’80 e della ringhiera nella stessa torre campanaria una settimana fa, con Deborah, Maria, Lynn e David. A conferma di una storia di famiglia che lega il nome «Columbu» al nostro campanile. Io non riesco a pensare ad una semplice coincidenza: tu e io sappiamo che da molto volevi fare questo regalo ai tuoi compaesani, ma fino all’anno scorso non ti fu reso possibile. E sembra che non potevi andartene senza aver raggiunto l’ennesimo e ultimo grande obiettivo, facendo della nostra felicità la tua gioia. Decine e decine di ollolaesi, bambini e adulti, il 26 Agosto (e nei giorni successivi) sono voluti salire in alto, sorridenti ed entusiasti. Tu stesso hai proposto che la presentazione di quest’opera fosse fatta nel contesto di una celebrazione eucaristica, perché, come le protagoniste della succitata pericope proclamata Venerdì, hai sempre tenuto da parte l’olio della fede e della carità che ti hanno fatto trovare pronto, come un vero atleta. In quell’occasione, hai parlato ancora del legame con la tua città paragonandolo a filo d’oro, sottile e prezioso. Ora questo ci lega sempre tra la terra e il cielo ed è il canale della consolazione per i tuoi cari, la tua famiglia e i tuoi amici. Dopo quasi tre mesi dall’ultimo funerale in paese, quelle campane suonano per te. Tu ci lasci con l’emozione del vecchio Simeone, dicendo «Nunc dimitte servum tuum, Domine» (Lc 2, 29), restando vivo nell’Amore di Dio e nei nostri ricordi.  Non sembra nemmeno un caso che il tuo funerale sia nel giorno della memoria liturgica di San Gregorio Magno, il Papa che ha avuto cura di Ollolai e della Barbagia prodigandosi per l’evangelizzazione di questo popolo all’interno dell’isola. 
A voi, parenti, la nostra vicinanza e solidarietà, chiedendovi una cortesia: non dimenticatevi di Ollolai. [...] Il fatto che Franco sia seppellito qui, l’estremo regalo alla sua patria, diventerà l’occasione per ritrovarci ancora insieme.

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