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L'82 per cento dei cittadini disposto a pagare di più il cibo made in Italy

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L’82% degli italiani è disposto a spendere di più pur di avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto alimentare che acquista (quasi la metà il 40 per cento è disposto a pagare dal 5 al 20 per cento in più,  il 12 per cento oltre il 20 per cento). E’ quando emerge in modo inequivocabile dalla consultazione pubblica online sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal ministero delle Politiche Agricole (Mipaaf) da novembre 2014 a marzo 2015 e a cui hanno partecipato in 26.547. 

Si tratta di una iniziativa promossa sulla base del regolamento comunitario N. 1169 del 2011 entrato in vigore il 13 dicembre del 2014 che consente ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti qualora i cittadini esprimano in una consultazione parere favorevole in merito alla rilevanza delle dicitura di origine ai fini di una scelta di acquisto informata e consapevole.

“Il risultato del sondaggio, in linea con le nostre battaglie sindacali, è inequivocabile e non lascia spazio ad interpretazioni anche perchè arriva in un momento di difficoltà economica   - è il commento del presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu che aggiunge –. Il fatto che il 96,5 per cento dei consumatori ritiene necessario che l’origine debba essere scritta in modo chiaro e leggibile nell’etichetta, diventa un impegno per le Istituzioni a introdurla dove ancora manca: dai formaggi ai salumi, dalle conserve ai succhi di frutta fino al latte a lunga conservazione”.

Dalla consultazione emerge anche che per l’89 per cento dei consumatori la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, per l’87 per cento per le carni trasformate, per l’83  per cento per la frutta e verdura trasformata, per l’81 per cento per la pasta e per il 78 per cento per il latte a lunga conservazione.
Inoltre per l'84 per cento dei consumatori è fondamentale che nell’etichetta ci sia il luogo di trasformazione.

Per 8 persone su 10 è decisivo che il prodotto sia fatto con materie prime italiane e sia trasformato in Italia, mentre il 54 per cento controlla che sia tipico, il 45 per cento verifica la presenza del marchio Dop e Igp, e per 3 su 10 conta che il prodotto sia biologico.

Secondo il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba “è giunto il tempo di estendere l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza a tutti i prodotti alimentari. In questo modo si fanno gli interessi dei cittadini, sia di chi compra che di chi produce, limitando e isolando chi naviga in modo subdolo in queste opacità con le frodi alimentari che con la crisi si sono moltiplicate, registrando un incremento record del 277 per cento. Nel 2014 – continua il direttore riferito alle contraffazioni - il loro fatturato ha raggiunto i 60miliardi di euro causando una perdita di circa 300mila posti di lavoro in Italia. Un industria che va sconfitta che sta danneggiando in modo pesante chi lavora seriamente e la salute dei consumatori”. 

 

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