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Pane al pane e vino al vino

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Villafrati, per ordine di Musumeci, da ieri è "zona rossa": su 3200 abitanti circa, un'ottantina sono risultati positivi al Covid19 e questo ha decretato l'isolamento del paese. Ollolai conta appena un terzo dei concittadini del piccolo comune nel palermitano e il numero dei contagiati è più o meno lo stesso.

La volontà del sindaco Arbau di voler monitorare a tappeto la situazione epidemiologica con uno screen di massa grazie alle autorità sanitarie è stata la risposta più pronta ed efficace per contenere immediatamente la trasmissione del virus. E la conseguente collaborazione degli ollolaesi, i quali si sono sottoposti volontariamente al tampone, manifesta grande senso di unità e attenzione reciproca.

Ma come si è arrivati a questa situazione? Per le istituzioni è difficile ricostruire tutti i passaggi che spiegherebbero la diffusione del contagio; figuriamoci quanto valore possono avere le nostre supposizioni.

Sicuramente e oggettivamente, un po’ di incoscienza ci sarà stata, o per superficialità, o per scarsa informazione, o per stanchezza. Con onestà, non si può negare l’ipotesi di qualche nostra leggerezza.

Nel mentre che ci rende orgogliosi la corresponsabilità dimostrata tra venerdì pomeriggio e l’intera giornata di domenica, come lodevole è la decisione autonoma di numerosi esercenti di chiudere le loro attività, giova riflettere sulle eventuali imprudenze commesse per imparare nuove abitudini in vista di quello che verrà, sapendo di dover convivere con la pandemia ancora per qualche tempo. Dopo un semestre, dovremmo sapere a menadito le regole e le misure per il contenimento del Coronavirus… manca solo il farle pienamente nostre.

Indiscutibilmente, rallegra e consola la notizia secondo cui la maggior parte delle persone risultate positive siano asintomatiche. Non per questo ci è permesso dimenticare quei cinque, quattro… o quell’unico ammalato. Troppo facilmente si indaga sulle presunte patologie pregresse dei soggetti interessati per emettere facili sentenze della serie «Vabbè, ma era già malato/a». Anche laddove non si riscontrano gravi condizioni di salute, guai a dimenticare il dramma psicologico e morale di chi nel dolore sperimenta anche la grande sofferenza della solitudine, quando nemmeno i parenti più stretti possono fare visita e l’unica cosa che resta è una telefonata, non sempre di aiuto quando dall’altra parte del telefono si sente la commozione e non c’è possibilità concreta di asciugare le lacrime.

Prendere coscienza di se stessi è solo un aiuto per ripartire. Ripensare con umiltà e senza orgoglio alla serietà del problema, ignorando se è possibile i tuttologi e le conseguenti fakenews, garantirebbe maggiore serenità per noi, perché prevenire è meglio che curare.

Quel di cui abbiamo più bisogno adesso è dimostrare autentica solidarietà, stando vicini nei modi in cui è possibile farsi prossimi e impegnarci per il rispetto dell'altro e il bene di tutti.

Auguri a tutti, auguri a noi! Nella speranza di ritrovarci insieme quanto prima e con serenità.

 

Luca Mele

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