«Io sono per l'unità e le divisioni non le ho mai volute. E se qualcuno mi dice che la mia presidenza è motivo di spaccature sono pronto a farmi da parte». Giacomo Sanna chiude così la sua replica al trendaduesimo congresso del Psd'Az. E la standing ovation che segue conferma che la maggioranza del congresso è con lui. L'ufficializzazione, con la rielezione del capogruppo in Consiglio regionale alla presidenza del partito, arriva a tarda sera dopo il voto all'unanimità del documento congressuale che contiene una solenne dichiarazione di indipendenza della Sardegna (che sarà sottoposta a referendum consultivo) e dopo la presentazione di una lista unitaria votata e approvata per acclamazione.
STRAPPO DI MANINCHEDDA Ma questo non significa che l'assise dei Quattro mori sia stata priva di lacerazioni. Anzi. L'assenza di Paolo Maninchedda e di alcuni delegati nuoresi, sabato, aveva confermato l'esistenza di un solco profondo tra il presidente della commissione Autonomia e Sanna, che controlla quattro quinti dei 241 delegati.
Ieri il docente universitario si è presentato a Cagliari ma non è mai entrato nella sala congressi dell'hotel Mediterraneo, nonostante la maggioranza dei partecipanti della federazione nuorese e parte di quella sassarese abbiano tentato di convincerlo a intervenire per esprimere le sue posizioni, anche se minoritarie. «Qui tutto è già stato deciso e io non partecipo a congressi che non siano unitari», ha ripetuto Maninchedda. La discussione con il gruppo di seguaci è durata alcune ore all'esterno della sala. Tra i manicheddiani molti hanno ribadito con forza la necessità di portare il partito fuori dalla giunta. Ma l'intransigenza del consigliere nel non voler esporre le sue tesi al congresso, isolandosi, ha indotto alcuni, delusi, a rientrare favorendo la stesura del documento unitario che, oltre a confermare Sanna, ha eletto alla vicepresidenza Andrea Cocco. «Il congresso ha avuto un atteggiamento maturo», ha poi commentato Antonio Delitala.
LE CRITICHE DEL SEGRETARIO Sanna nel suo intervento finale, si è riferito a Maninchedda più volte. Quando ha ricordato di essere stato minoranza e persino senza tessera ma sempre dentro il partito, quando ha detto che «da noi si discute e ci si scontra, ma lo si fa nelle sedi opportune», quando ha sostenuto che «se uno espone le sue idee e convince la gente magari guadagna consensi», quando ha sottolineato che «se facessimo tutti come lui i congressi non servirebbero», quando ha evidenziato che «qui un Dio in terra non c'è». E quando, parlando di primarie, ha detto: «Io, a Paolo, direi di candidarsi».
LA GIUNTA Riferendosi al sostegno a Cappellacci, al quale Maninchedda è contrario, il presidente sardista ha poi chiarito di non essere «di destra», di aver fatto con il centrodestra «un'alleanza programmatica» ed ha rivendicato i no a provvedimenti indigesti al partito, in particolare il piano casa e la legge sul golf. Poi ha criticato il Pd: «A Roma sono in maggioranza con il Pdl a sostegno del governo dei banchieri, in Sardegna sono all'opposizione: come lo spiegano alla gente?». Sulle alleanze, Sanna ha tuttavia ribadito che il partito non ha deciso («io devo dialogare con tutti»), ha criticato Pdl, Riformatori e Udc per l'assenza al congresso, ha detto di aver avviato «un'interlocuzione proficua con Sel».
L'INDIPENDENZA Quanto alla dichiarazione di indipendenza, il documento fa seguito alla dichiarazione solenne di sovranità del popolo sardo sulla Sardegna approvata dal Consiglio regionale nel '99 e alla mozione per l'indipendenza presentata dal gruppo sardista nel 2009 e approvata dall'Aula. Secondo i firmatari, l'esperienza autonomistica e dello statuto del '48 «è stata superata». Anche il «regionalismo italiano ha fallito perché non è altro che la duplicazione del potere centrale». Da qui la dichiarazione di indipendenza «da sottoporre al voto del popolo sardo attraverso un referendum consultivo».
Fabio Manca
