Partecipa a labarbagia.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

L'unione sarda. Tittìa e il mantra sardo-tedesco: «Silenzio, metodo e disciplina»

Condividi su:

di PIERA SERUSI
Il babbo dice che deve aver preso dal ramo tedesco della famiglia. Metodo e disciplina. «Io sono più impulsivo - ride dall'altro capo del telefono Franco Atzeni -, ma con mio figlio ci ho visto bene». Lo ha notato lui per primo il talento di Giovanni, star di Piazza del Campo che dopo la vittoria a luglio, venerdì scorso ha conquistato anche il Palio dell'Assunta. «Avevo un allevamento di cavalli, li preparavo per le corse e lui, dopo la scuola e i compiti, stava sempre in scuderia. La prima corsa? A Bitti. Aveva 12 anni. Gli affidai “Vento del Nord”, il cavallo che avevo comprato in Germania nel '90 coi soldi ricavati dalla vendita della mia Opel sportiva. Giovanni vinse la prima batteria, poi un tipo si avvicinò e mi chiese se per favore potevo dare il cavallo al fantino Peppe Ortu. Va bene, risposi. Così “Vento del Nord” vinse quel palio. Tanto, pensai, per dimostrare il suo talento mio figlio ha tutta la vita davanti».
UN DESTINO DA CAMPIONE Già, ma gli sono bastati giusto un paio di lustri per cominciare a rilucere come una stella. A 22 anni Giovanni Atzeni, chiamato Tittìa , ha vinto il suo primo Palio di Siena, luglio 2007, poi il trionfo del 2011, quello del luglio scorso (tutti con la contrada dell'Oca) e adesso il sigillo per l'Onda col baio Morosita Prima. Ha solo 28 anni e, considerata la giovane età, a Siena si comincia a confrontare il suo record con la leggenda di Aceto, originario di Olbia, che con le sue 14 vittorie è il fantino più titolato del Novecento. Lui si schermisce. «Per chi fa il mio mestiere è già il massimo esserci, a piazza del Campo. Figurarsi vincere...». In sottofondo la vocina del piccolo Mattia, 5 anni, Giovanni Atzeni risponde al telefono dalla tenuta di Arbia, vicino a Siena, dove vive con la moglie Ilaria e il figlio. Qui si allena e qui prepara i cavalli per le corse, anche quelle minori, numerosissime in tutta la zona, sfide buone per testare velocità, resistenza e docilità degli animali. «È un lavoro duro, ma lo faccio con passione. Sveglia all'alba, niente uscite alla sera. È la vita che faccio fin da ragazzino, da quando ho scelto questo mestiere. Devi essere concentrato e sempre al meglio». Metodo e disciplina, appunto. La linea di Cristina, la mamma tedesca. «Ho preso da lei - ride Giovanni - ma è stato mio padre a trasmettermi la passione per i cavalli».
DALLA GERMANIA CON AMORE Franco Atzeni, 55 anni, ne aveva 18 quando emigrò in Germania. Da Nurri a Nagold. Lavorava come piastrellista per un'impresa edile, nel giro di un anno sposò Cristina e cominciò a metter su famiglia. Cinque figli: Bettina, Giovanni, Monica, Melani e Gina. Impiegò un poco di più per acquistare il suo primo cavallo da corsa, ma nel '90 - venduta appunto la sua costosissima macchina - acquistò un'utilitaria da pochi soldi e col grosso del denaro una puledra che ben presto cominciò a vincere. «Allenavo gli animali e li affidavo ai fantini», racconta Franco. La mattina al lavoro in cantiere, il pomeriggio in scuderia. «È nata così, la passione di mio figlio». Nel 1996 la decisione di rientrare in Sardegna e di portare a Nurri tutta la famiglia. «Volevo che i miei figli crescessero qui, in un'ambiente dove ancora resistono i valori di un tempo».
QUELLA MEZZA VITTORIA A BITTI Giovanni sembrava esserci nato, al paese. Lesto come un pastorello, riflessivo come un uomo fatto. E, giusto perché il talento non è acqua, scendeva da cavallo solo per andare a scuola e in bagno. Dopo la mezza vittoria a Bitti - quella volta che il padre diede il cavallo a Peppe Ortu -, inaugurò un'adolescenza trascorsa sulle polverose piste di tutti i palii della Sardegna. Aveva 16 anni quando arrivò secondo al Palio di Fonni, 18 quando venne notato a Cagliari, ippodromo del Poetto, da Luigi Bruschelli, detto Trecciolino, fantino senese e stella di piazza del Campo.
LA TELEFONATA DI TRECCIOLINO «Mi telefonò il giorno dopo - racconta Giovanni Atzeni -. “Vieni a Siena da me? Ti allenerai e potrai correre un giorno al Palio”, mi disse. Non ci pensai due volte. Avevo 18 anni ma sapevo bene cosa volevo». Il giorno di Giovanni arrivò subito, il 16 agosto del 2003, col cavallo Amoroso per la contrada del Nicchio. Lo battezzarono Tittìa , («sono freddoloso», ride), e da allora ha collezionato 19 presenze e quattro vittorie. Le ultime due, il cappotto che ha mandato in delirio tutta Siena, il 2 luglio e il 16 agosto scorsi. E proprio al Palio dell'Assunta - vedi com'è la vita - Giovanni ha beffato Trecciolino, caduto al secondo passaggio di San Martino. È successo che Oppio, il cavallo della contrada del Nicchio, è arrivato secondo, e il fantino rimasto a terra ha visto sfumare la quattordicesima vittoria e quindi la possibilità di dividere il trono con Aceto. «Cose che succedono - taglia Tittìa -. Il mio era davvero un cavallo molto forte, della scuderia Milani, la migliore. A luglio ho montato Guess, un esemplare del mio allevamento, ma adesso ho avuto la possibilità di fare la prima scelta e quindi ho puntato su Morosita Prima». È anche da queste cose che si valuta il peso di una leggenda. «L'affetto della città lo senti, eccome. E anche se sto vivendo un sogno, tengo sempre presente che questo è il mio lavoro, ciò che dà da vivere a me e alla mia famiglia. Sono giovane, ho ancora tanto da fare e da imparare». Non ha un mito, avverte, e soprattutto non mira a demolire questo o quel record.
LA LEZIONE DELLA VITA Non sono mica tanto lontane le domeniche della sua adolescenza, quando invece di uscire con gli amici sfidava fantini più grandi di lui. «Babbo e mamma mi accompagnavano sempre», ricorda Giovanni. A luglio i suoi sono andati a vederlo, a Piazza del Campo. Per il Palio dell'Assunta, invece, sono rimasti a casa. Dalla televisione si vede meglio: l'ansia è uguale, e pazienza, ma il caldo e la polvere non bucano lo schermo. «È bello vedere mio figlio vincere, ma una corsa è entusiasmante anche quando si perde. È questo che gli ho insegnato - sottolinea Franco -. Una sfida è tutta appassionante, fin dal momento della preparazione, della scelta del cavallo, dello studio del tracciato. Ci sono le cadute e ci sono le scorrettezze da affrontare. Ci sono la paura, l'indecisione, la fatica. E quando arrivano, pure le vittorie. Il trionfo. Io l'ho sempre detto a Giovanni: è una passione, ma è anche un lavoro che va fatto bene».

Condividi su:

Seguici su Facebook