Non conferma se lascerà il Pdl. E neppure se si candiderà alla presidenza della Regione. Il progetto politico di Mauro Pili inneggia alla «rivoluzione sarda» contro uno Stato che ha l'Isola come l'ultimo dei suoi pensieri: «La mia carriera politica è un dettaglio davanti alle emergenze quotidiane». Il deputato lo ha ribadito mercoledì al Thotel di Cagliari, in una sala gremita (oggi alle 10 sarà nell'aula del Consiglio provinciale di Oristano, alle 16 a Ghilarza, alle 18,30 a Cabras), in occasione della prima delle otto manifestazioni che abbracceranno tutta l'Isola. Obiettivo di Pili e del suo movimento “Unidos” è quello di mobilitare oltre 100 mila sardi nella petizione per chiedere la revoca della convenzione alla Tirrenia: «Convenzione», ha detto, «che discrimina i sardi ed emargina la Sardegna. Chiediamo poi l'immediata adozione del decreto sull'insularità per il quale ho presentato un testo organico e dettagliato».
Onorevole Pili, sicuro che l'Isola sia messa così male?
«Peggio. Mentre tutti giocano al risiko della politica da salotto, la Sardegna cola a picco nel silenzio generale. Chiudono le fabbriche e nessuno fa niente per farle riaprire. La Sardegna viene esclusa dalle infrastrutture strategiche e tutti votano in silenzio quella decisione, infine l'Enel continua a speculare sull'energia».
Ora promuove questa petizione contro la convenzione Tirrenia. Perché?
«Tirrenia guida e controlla il più grande monopolio sui mari mai conosciuto prima e si perdono mesi in farsesche trattative ministeriali».
Il nodo è solo Tirrenia?
«No. Infatti Equitalia continua a far morire migliaia di imprese sarde e nessuno interviene, la Lingua blu devasta gli ovili senza che niente sia stato fatto in tempo utile, la burocrazia annienta Comuni e cittadini, la Sanità vittima di liste d'attesa infinite».
Che fare, allora?
«È ora di reagire e agire. Occorre una rivoluzione sarda, senza complicità con chi difende e protegge i nemici della Sardegna».
Spieghi meglio la sua strategia.
«Basta discriminazioni sui trasporti e sul divario insulare: se dobbiamo far parte dello Stato, dobbiamo farlo a pieno titolo. In caso contrario le strade non si possono che dividere. È giunto il momento di guardare in faccia lo Stato».
Per questo si è appellato a Napolitano e a Letta?
«Ognuno si assuma le sue responsabilità. Il Capo dello Stato e il premier prima di tutti. Se tengono davvero alla coesione nazionale diano risposte immediate. Entro questo mese la convenzione con la Tirrenia deve essere revocata, ed entro questo mese il Consiglio dei Ministri deve varare un decreto attuativo per il riequilibrio insulare della Sardegna».
Altrimenti?
«Se il Capo dello Stato, il governo e i partiti che lo sostengono sono complici di questo sistema, noi non saremo loro complici. Saremo all'opposizione di questo sistema».
Si candiderà?
«È secondario in questo momento drammatico. Sarà una grande assemblea, nelle prossime settimane, a decidere se la Sardegna dovrà soccombere o reagire. Noi siamo pronti, insieme a coloro che sapranno archiviare i retaggi delle ideologie e dei dogmi e sapranno mettere davanti a tutti le soluzioni concrete per affrontare e risolvere i problemi della Sardegna. Del resto i giovani non attendono un posto di lavoro da destra o da sinistra, attendono un posto di lavoro. E questa è la priorità».
Lorenzo Piras