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L'unione sarda. «Zona franca, chimera inutile»

Barracciu (Pd): meglio battersi per la fiscalità di vantaggio

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Non è contraria alla zona franca integrale. Per Francesca Barracciu, eurodeputato, consigliere regionale e vicesegretario del Pd sardo, il discorso è diverso: «Sarei favorevole», dice, «ma non si tratta di essere favorevoli o contrari».
Onorevole Barracciu, si spieghi meglio.
«Si tratta di capire due cose. Prima di tutto se si può fare. A oggi i presupposti giuridici non ci sono e la strada scelta dalla Giunta regionale non è percorribile».
E poi?
«Occorre chiedersi se ci conviene».
Quindi la zona franca integrale non è la soluzione per migliorare l'economia dell'Isola?
«Sulla base del nuovo regime di entrate fiscali riconosciute alla Sardegna con la Vertenza entrate non è sostenibile economicamente».
Perché?
«Con la vittoria della Vertenza entrate lo Stato ci restituisce i nove decimi dell'Iva e il 75 per cento delle accise. Circa due miliardi e mezzo di euro con cui la Regione paga il sistema sanitario, il trasporto pubblico locale e gli investimenti. In regime di zona franca integrale non ci sarebbero più né l'Iva né le accise».
Quali le conseguenze?
«Faccio io la domanda: chi pagherebbe il servizio sanitario regionale e il trasporto pubblico locale? E, aggiungo, le risorse che devono essere trasferite ai Comuni?».
Cappellacci però ha chiesto il riconoscimento all'Unione europea.
«Sarebbe il caso che Cappellacci si impegnasse a spendere meglio e in fretta i fondi di cui la Regione già dispone per lo sviluppo economico e sociale. Nello specifico, la strada seguita dal presidente fa acqua da tutte le parti».
C'è un motivo?
«Alla luce della normativa vigente il percorso non può essere quello di semplici lettere o di delibere giuridicamente inconsistenti. Giusto sarebbe intavolare un processo con lo Stato italiano che poi, a sua volta, dovrebbe intervenire sull'Ue. Per attribuire a tutto il territorio regionale lo status extradoganale è necessaria la modifica del trattato di Lisbona, cosa impossibile nel breve e medio periodo».
E la revisione del codice doganale?
«È anch'essa priva di prospettive. È stato già votato il rinvio di un anno e mezzo dell'entrata in vigore, all'inizio prevista per giugno. In ogni caso prevede solo zone franche intercluse, per esempio i porti. Per altro, sul codice doganale, Cappellacci è arrivato in ritardo: la scadenza per emendarlo era fissata al 16 ottobre del 2012. Dopo quella data non è possibile presentare alcun emendamento».
L'idea di un abbattimento del costo della benzina e dell'allentamento della cinghia fiscale solletica un po' tutti.
«Ma senza presupposti giuridici è una chimera. Quel che si può fare è pensare, ma sempre in un rapporto diretto con l'Unione europea per superare la configurazione di aiuti di Stato, a una seria fiscalità di vantaggio per territori e settori d'intervento, magari in un tempo congruo a creare lavoro e sviluppo. Parlo di misure il cui obiettivo sia quello di incentivare le imprese a insediarsi e a investire in Sardegna».
I comitati spontanei che si battono per l'ottenimento della zona franca non mollano.
«I comitati hanno tutto il mio rispetto perché esprimono aspettative legittime di benessere. La politica però deve dire sempre le cose come stanno: non deve creare false aspettative così come è accaduto con le lettere e le delibere della Giunta regionale. Non ci vorrà molto tempo per capire che tutte queste carte non produrranno nulla».
Con i movimenti c'è dialogo?
«Il fatto di aver avuto il coraggio di dire la verità sulla zona franca integrale mi ha portato solo insulti e qualche minaccia. Ma rimango disponibile a qualsiasi confronto pubblico nel merito e a instaurare con tutti un dialogo positivo per il bene della Sardegna».
Lorenzo Piras

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