Riceviamo e pubblichiamo integralmente la risposta del Comitato Non Bruciamoci il Futuro alla nota di Franco Cappai, Segretario Territoriale Uiltrasporti Nuoro (leggi)
Il recente fallimento della società guidata dall'imprenditrice Carla Poli, che a Vedelago ha fatto scuola sul corretto smaltimento dei rifiuti, ha provocato una sconclusionata riflessione del segretario territoriale della Uiltrasporti della provincia di Nuoro che chiama in causa il Comitato “Non Bruciamoci il futuro”. La considerazione di Cappai è tanto rozza da poter essere così schematizzata: Il Comitato “Non Bruciamoci il futuro” ha proposto, come alternativa alla realizzazione del nuovo inceneritore di Macomer, un Centro di riciclo con trattamento a freddo dei rifiuti simile a quello di Vedelago. La società che a Vedelago gestisce quel Centro è fallita e di conseguenza la proposta del Comitato “Non Bruciamoci il futuro” era fasulla. “Che cosa avranno da dirci adesso al riguardo lor signori?”
Così il signor Cappai ci interroga nella sua ricostruzione fantasiosa e così rispondiamo: il sillogismo del Cappai, tutt'altro che aristotelico, dimostra ancora una volta la superficialità, figlia di incompetenza o complicità, con cui istituzioni e forze sociali hanno accompagnato la vicenda sulla riorganizzazione del sistema di trattamento dei rifiuti nel territorio. Il fallimento della società di Vedelago rappresenta infatti la fine di un’esperienza imprenditoriale e nulla ha a che vedere col sistema di trattamento dei rifiuti che essa propone che continua a essere utilizzato con ottimi risultati e prospettive in molte esperienze in Italia. Quando fallì la Parmalat tutti noi, signor Cappai, continuammo a bere latte e a gustare lo yogurt. Non è necessario essere segretari territoriali sindacali o fini economisti per comprendere questa semplice differenza.
Al di la di queste grossolanità, le considerazioni del rappresentante sindacale meritano una riflessione anche dura perché pronunciate da chi, in tema di fallimenti, avrebbe poca o nessuna voce in capitolo. Cappai parla infatti con leggerezza del fallimento di un’impresa dalla sua invidiabile posizione di dipendente della Tossilo S.p.A., una società mista pubblico-privata (da qualche anno solo pubblica) il cui socio di maggioranza è addirittura sotto commissariamento da circa otto anni. Pur essendo una S.p.A. la Tossilo che ha in gestione gli inceneritori di Macomer non sa cosa significhi stare sul mercato e affrontare quel “rischio” che è l’essenza stessa del fare impresa.
Fin dalla sua nascita, infatti, la Tossilo entrò subito in difficoltà finanziarie che venivano facilmente risolte dall'allora gruppo dirigente ricorrendo all'aumento delle tariffe a carico di comuni e cittadini o aumentando il capitale sociale del Consorzio industriale (socio di maggioranza) che comportava un impegno finanziario anche per quegli enti pubblici che componevano la compagine sociale del Consorzio. In quegli anni, i revisori dei conti del Consorzio, in una loro relazione sul bilancio dell’ente, affermarono in maniera preoccupata che, le perdite nella gestione della Tossilo, mettevano a rischio lo stesso patrimonio del Consorzio industriale, socio di maggioranza della società mista. Il tutto inserito in un sistema bloccato visto che era ed è tutt'ora la Regione a imporre quali comuni devono conferire i loro rifiuti ai costosissimi impianti di Macomer. Facile fare impresa in questo modo, impossibile fallire!
Il territorio attende la fine della procedura che determinerà o meno l’approvazione del progetto del nuovo inceneritore, che il Comitato “Non Bruciamoci il futuro” spera ancora possa non realizzarsi. Mentre questo accade, in molti comuni sardi scoppia la rabbia dei cittadini e delle imprese (quelle signor Cappai che rischiano quotidianamente affrontando il mercato) per una tariffa sui rifiuti che sta affossando la nostra economia. In questa fase delicata sarebbe stato più opportuno da parte sua un tombale silenzio su temi che, in questi anni, il sindacato da lei rappresentato ha dimostrato ampiamente, per incompetenza o complicità, di non conoscere appieno poiché per tutti questi anni avete vissuto in un mondo parallelo che niente sembra aver a che fare con i problemi dei cittadini.