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OLZAI. Ettore Dore, anarchico giramondo e miliziano antifascista

Il partigiano olzaese, combattente in Spagna nella Colonna Ascaso comandata da Carlo Rosselli, morì nel 1943 dilaniato da una mina

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OLZAI. Nella interessante cartella dei “sovversivi” dell’Archivio di Stato di Nuoro, sono contenuti fascicoli dedicati ai ben noti on. Francesco Dore, al pittore Carmelo Floris, ai fratelli olzaesi Antonio e Bernardina Serra e a Ettore Dore.

Ettore Dore, nato a Olzai l’8 luglio del 1905, da Giovanni Dore, medico e da Maria Antonia Satta.

Da ragazzo frequenta gli studi prima a Oristano, poi a Nuoro e Sassari. Da giovane si iscrive all’Avanguardia Giovanile Fascista e, per la svogliatezza negli studi, il padre lo ritira dagli studi e Ettore a marzo del 1923 si arruola nell’esercito in qualità di allievo sottufficiale presso il 46° Reggimento Fanteria. Ultimata la ferma, si riafferma presso il 152° Reggimento Fanteria di stanza a Trieste. Successivamente con il grado di sergente maggiore è trasferito nel 1928 presso l’ospedale militare di Cagliari.

A Cagliari entra in contatto con il cugino Antonio Dore ma per questo viene congedato dopo l’arresto di Antonio. Si trasferisce quindi a Roma ove stabilisce la sua residenza a casa dello zio l’ex on. Francesco Dore, in via Gioacchino Belli n.79, ove inizia a frequentare circoli antifascisti e anarchici.
Tornato a Nuoro, dopo una breve esperienza fallimentare come commerciante di birra, nel settembre del 1932 espatria (come risulta dalle dichiarazioni rilasciare alla Questura di Nuoro) clandestinamente in Jugoslavia attraverso il valico di Postumia, pratico della zona per aver preso parte alle manovre militari quando era di stanza a Trieste. Dopo tre giorni si reca a Parigi, attraverso l’Austria e la Svizzera.

A Parigi si occupa come imbianchino e successivamente, per migliorare la propria posizione, si trasferisce a Marsiglia ove frequenta circoli antifascisti, passando dal comunismo a posizioni anarchiche. Dopi tre mesi si imbarca clandestinamente in un piroscafo greco diretto in Argentina.

Risiede in Argentina per un periodo di quattro anni lavorando durante l’inverno come imbianchino a Buenos Aires e nella buona stagione nelle campagne di Mendoza come contadino.

In Argentina assume il nome di Satta Antonio, temendo di essere ricercato dalla Polizia italiana per l’appropriazione indebita di 10.000 lire ai danni del padre.
Nel maggio del 1936 si imbarca clandestinamente nel piroscafo spagnolo Sant’Antonio diretto a Barcellona. A Barcellona, con il nome di Antonio Satta, lavora per conto del governo repubblicano, prima in una fabbrica di fibbie per cinturoni e successivamente in una fabbrica di munizioni.

Si arruola quindi nel Battaglione Internazionale, colonna anarchica Ascaso comandata da Carlo Rosselli, e partecipa alle operazioni sui fronti di Huesca, Carascal e Saragona.

Tornato a Barcellona, nel luglio del 1937 viene arrestato e chiuso in un carcere speciale di Barcellona, per ordine dei comunisti accusato di spionaggio come fascista in base ad una denuncia di un sardo che dichiara di averlo visto in uniforme fascista a Nuoro.

Evaso dal carcere dopo un bombardamento da parte dell’aviazione nazionale, viene colpito al femore e ricoverato all’ospedale generale della Catalogna; è rimesso in libertà nei primi di settembre del 1938 su interessamento della Confederazione Nazionale del lavoro, emanazione della Federazione Anarchica.

Dopo il crollo del fronte interno, ripara in Francia e viene internato al campo di concentramento di San Cyprien. Dopo 15 giorni, cioè nel mese di marzo del 1939, si allontana dal campo e raggiunge Parigi rimanendovi per circa tre mesi; durante il soggiorno a Parigi, vive a carico degli amici e della Società Internazionale antifascista che aiutava i rifugiati spagnoli.

Nel mese di giugno 1939 passa clandestinamente in Belgio temendo di essere arrestato dalla polizia francese a causa di un attentato ad un deputato comunista spagnolo, attentato compiuto da un coinquilino e dal padrone di casa.

Incontra l’ex miliziano rosso Briz Benedì con il quale aveva stretto amicizia nel carcere di Barcellona, che gli offre un documento di identità del quale cambia solo la data di nascita; arrestato verso la metà di luglio dalla polizia belga, non avendo dichiarato il proprio soggiorno in quanto straniero, viene accompagnato alla frontiera francese ma ritorna in Belgio dove vive clandestinamente.
Di nuovo arrestato, nel febbraio del 1940 è nel campo di concentramento di Merxplas e successivamente trasferito in Francia nel campo di concentramento di Charrente.

Ai primi di luglio, liberato dai tedeschi, viene inviato a Bruxelles per lavorare in una fabbrica di uniformi militari. Nel dicembre del 1940 si trasferisce a Parigi lavorando in una fabbrica tedesca, la ditta Bormeister, come carpentiere per la costruzione di baracche ad uso dell’aviazione. L’8 agosto è arrestato dalla polizia francese, consegnato ai tedeschi che lo rimpatria in Italia.
Tornato in Sardegna è arrestato dalla polizia a Cagliari, e il 27 settembre depone lungamente sulla sua burrascosa vita ma con qualche omissione sulla partecipazione alla guerra in Spagna. Da questo verbale di interrogatorio in questura sono tratte le principali notizie sulla sua vita, confermate da una serie di documenti contenuti nel fascicolo.

Viene assegnato al confine per attività antifascista e inviato a Ventotene e poi nel campo di concentramento fascista di Renicci (Arezzo), ove rimane fino al 25 luglio del 1943.

Non si hanno ulteriori informazioni certe, ma da diverse notizie sembra che sia morto subito dopo dilaniato da una mina mentre cercava di raggiungere il nord.
 

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