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Erkìles di Olzai e l'Ovinforth made in Thiesi, nella rivista americana Culture - the word on cheese

Nel reportage di Janet Fletcher, in evidenza i pecorini Bisine a caglio vegetale di Giovanni Agostino Curreli e l'erborinato del caseificio Casa Fadda 1886

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OLZAI. "Pecorino Paradox" (il paradosso del pecorino). È un appassionante reportage, quello pubblicato nell'ultimo numero dell'autorevole rivista americana Culture – The word on cheese, a firma della giornalista e scrittrice californiana Janet Fletcher (janetfletcher.com).

È il racconto di una vacanza in Sardegna alla scoperta dei formaggi tradizionali e delle eccellenze agro alimentari [vedi LaBarbagia.net dell'11 luglio 2014 - link]. Un viaggio nell'isola che «conta più pecore che persone», ma dove la burocrazia ha cancellato dal vocabolario la millenaria professione del pastore. Anche dai computer del municipio di Gavoi, il paese di Giuseppe Cugusi, produttore dei famosi pecorini al mirto e al timo, ma introvabili nelle rivendite del suo paese natale (Link al video)
.

Janet Fletcher inizia così la sua cronaca, magistralmente condensata in sei pagine e corredata da suggestive immagini del fotografo olbiese Daniele Fontana (danielefontana.com).

«Durante due settimane di viaggio in questa aspra isola mediterranea – ha scritto la giornalista californiana di Napa Valley – ho trovato paradossi simili: una cultura basata sul turismo balneare, ma radicata nelle montagne; una popolazione che disprezza il formaggio predominate, ma che lo vende felicemente all'estero; una comunità di formaggi tradizionali, ma che si affida all'innovazione.

Si dice che i sardi siano diffidenti e freddi con gli estranei, ma a me hanno dato il benvenuto nelle loro cucine e hanno condiviso le loro ricette, i prodotti dei loro giardini e i salumi fatti in casa».

Pecorino Romano Dop: "il formaggio per altre persone"

«La Sardegna produce più del 90% del Pecorino Romano Dop d'Italia – prosegue Fletcher – ma i locali non lo toccano nemmeno. Annamaria Leda' d'Ittiri, proprietaria di un piccolo hotel vicino ad Alghero, è stata la prima di molti sardi a dirmi che loro non mangiano pecorino romano. "Nessuno lo fa", ha insistito. "Noi mangiamo pecorino sardo".

È un paradosso pensare: i sardi producono tonnellate di formaggio, ma raramente lo consumano. Gli Stati Uniti e il Canada sono grandi consumatori di pecorino romano, come lo è la penisola italiana. Tuttavia il sapore è troppo pungente per il palato dei sardi, nonostante il formaggio sia meno salato di quanto non fosse prima. In due settimane di mangiate in case e ristoranti nell'isola, non mi è stato offerto quel formaggio nemmeno una volta».

E allora la giornalista americana, concentra la sua attenzione sui formaggi artigianali del Meilogu e della Barbagia. Insieme al marito Douglas, decide di incontrare due caseari di terza generazione che «stanno scommettendo il futuro delle loro famiglie su nuove idee»: Peppi Fadda di Thiesi e Giovanni Agostino Curreli di  Olzai.

A Casa Fadda 1886 di Thiesi, nella capitale sarda del latte e del formaggio

A Thiesi, la signora Janet incontra Peppi Fadda, presidente di Thiesilat e contitolare di Casa Fadda 1886 (casafadda.com), uno dei pionieri dell'innovazione dell'arte casearia isolana insieme a suo cugino Salvatore.

«Peppi Fadda lavora formaggi a Casa Fadda, l'impresa di famiglia. Curiosamente, nel giorno in cui lo abbiamo visitato, il caseificio stava lavorando il kefalotyri, un formaggio tradizionale greco fatto con latte di pecora. Molti casari greci sono scappati in Sardegna durante la seconda Guerra Mondiale, portando con loro le ricette, ma solo Casa Fadda continua a fare feta e altri formaggi ellenici.

In un grande bollitore di una stanza laterale piena di vapori, il figlio di 22 anni di Fadda, Giuseppe, scalda il siero del latte assorbito dal kefalotyri. Peppi attinge della ricotta calda e soffice e me ne dà per assaggiarla. "È destinata a Palermo" mi dice. "Sarà per i cannoli venduti di domenica".

Per Casa Fadda, la prosperità risiede nel fare formaggi marchiati piuttosto che formaggi DOP, come il Pecorino sardo e il Fiore Sardo affumicato, che vengono prodotti da altri. Il pezzo grosso della creatività di Fadda è l'Ovinforth, un formaggio Blu di pecora. Senza crosta, ricco di noci e burro, l'Ovinforth è più succoso e meno salato del Roquefort che l'ha ispirato».

I formaggi a caglio vegetale Erkìles di Olzai: "un recente successo a Londra"

Questo è invece il racconto del soggiorno dei coniugi Fletcher a Olzai e della loro minuziosa visita nel caseificio artigianale di Giovanni Agostino Curreli, allevatore e produttore dei formaggi pecorini della linea Bisine coagulati con il caglio vegetale (erkiles.it)

«Per incontrare un altro innovatore, io e mio marito abbiamo guidato verso l'interno dell'isola. Ci fermiamo brevemente per dare un'occhiata a Gavoi. Il paese si sta preparando per il festival annuale di letteratura, e fotografie giganti in bianco e nero di importanti scrittori pendono dai muri delle costruzioni, e sembra che gli occhi degli scrittori mi stiano seguendo.

La nostra destinazione è lontana dieci miglia, nella remota Olzai, uno di quegli antichi paesi coi tetti rossi che sembrano ruzzolare giù dalla montagna. I suoi vicoli sono vuoti nel pomeriggio, anche se un uomo anziano esce dalla sua casa per vederci cercare il nostro B&B. Solo 900 abitanti rimangono a Olzai, in parte perché il paese ha l'ammirevole tradizione di mandare i giovani all'università, e raramente ritornano.

Giovanni Agostino Curreli non se n'è mai andato. Questo robusto pastore ha continuato la professione del padre e del nonno, allevando 500 pecore con l'aiuto del figlio e lavorando formaggi in un piccolo caseificio. Ma la sua piccola impresa, l'azienda Erkìles, si era indebolita quando i prezzi del formaggio sardo erano calati.

"Due anni fa, questa stanza era piena di Fiore Sardo invenduto", dice Bastianino Piredda, un esperto di caseifici moderni e consulente di Erkìles, mentre apre la porta del magazzino di stagionatura. "Ora è tutto prenotato e venduto".

Per molti anni, Piredda ha sperimentato coagulanti non animali, in modo che i formaggi sardi, tradizionali e fatti col caglio, potessero essere presi dai market per i vegetariani. Il consulente ha poi aiutato Curreli a riformulare i suoi pecorini tradizionali con coagulanti ottenuti da cardi e caglio microbico.

Il nonno di Curreli lavorava formaggi in una capanna. Però le vecchie tradizioni ora non sono più sufficienti per pagare le bollette. Introdotte alla fine del 2011, le nuove forme di pecorino con caglio vegetale di Erkiles hanno avuto un immediato successo a Londra e, da quel momento, l'azienda ha ripreso quota.

"I cambiamenti hanno migliorato i formaggi", dice Piredda. I pecorini di Curreli ora sono più dolci e meno piccanti, perché il coagulante vegetariano non ha lipasi, l'enzima del caglio animale responsabile del sapore pungente e pepato.

E c'è un altro paradosso: che un produttore con queste profonde radici nel passato sta contribuendo a definire un moderno percorso per il formaggio sardo».

 

Dove dormire e mangiare bene in Sardegna. I consigli di Janet Fletcher

Il reportage di Janet Fletcher è completato da un piccolo glossario dei formaggi sardi, e dalla citazione di alcune strutture ricettive della nostra isola, come l'hotel chic L'Agnata di De Andrè a Tempio Pausania, il lussuoso Wine Resort Leda' d'Ittiri di Fertilia e l'accogliente bed and breakfast Il Cagliarese nello storico quartiere Marina di Cagliari.

Per la ristorazione, invece, la cronista californiana ha segnalato l'Osteria Barcellonetta di Alghero, la trattoria pizzeria Doña Isabel di Alghero, il ristorante Da Renzo a Siamaggiore e il ristorante tipico Sa Domu Sarda a Cagliari. Infine, menzione particolare per la Casa del Formaggio di Claudio Monti nella città di Alghero, dove si possono trovare alcuni fra i migliori formaggi pecorini.

"Pecorino Paradox": un'altra pubblicità gratuita per la nostra Isola, per il Meilogu e la Barbagia. Soprattutto, una splendida vetrina internazionale per il villaggio di Olzai, grazie alla rivista americana Culture – The word on cheese (culturecheesemag.com) e alla penna raffinata della giornalista Janet Fletcher.

Giangavino Murgia

(Scarica in allegato il servizio originale pubblicato dalla rivista Culture, formato PDF)

 

 

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