Africo Nuovo, cuore della Locride, alba di lunedì 10 giugno. I carabinieri si avvicinano all'obiettivo prendendo tutte le precauzioni possibili. Anni di guerra alle potenti 'ndrine calabresi hanno insegnato agli uomini dei reparti speciali come si fa a restare invisibili sino all'ultimo. A volte però l'esperienza e l'astuzia non sono sufficienti, perché in quei paesi, e ad Africo in particolare, nulla sfugge agli uomini dei clan. E basta un'auto sconosciuta per far scattare l'allerta. Così quando i militari irrompono nelle case di Domenico Scordo e Giovanni Morabito, quest'ultimo nipote del super boss Giuseppe detto u tiradrittu , i due non ci sono. Sono già spariti. Irreperibili. E da quel momento ufficialmente ricercati.
È il nuovo retroscena che emerge dall'inchiesta della Dda di Cagliari che ha sgominato le due bande di presunti trafficanti di droga capeggiate, secondo le accuse, dall'ex primula rossa del Supramonte Graziano Mesina e dal suo vecchio compagno d'avventure criminali Gigino Milia. L'ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Giorgio Altieri contro i 26 indagati non è l'unica. Ce n'è una seconda, che non si è riusciti a eseguire perché i due destinatari - Morabito e Scordo, appunto - sono scappati prima del blitz. L'esigenza di fare due provvedimenti separati è dovuta al fatto che i due calabresi sono stati identificati con esattezza soltanto quando la prima ordinanza era stata già depositata nella cancelleria del giudice. A quel punto il pm Gilberto Ganassi ha integrato la prima richiesta fatta al Gip che, dopo averla esaminata, ha preferito emettere una seconda ordinanza da eseguire in contemporanea con la prima. Così alle 3,30 del 10 giugno, mentre 300 militari andavano a prelevare a Orgosolo, Milano, Villanovafranca, Fluminimaggiore e Cagliari i 26 arrestati della prima tranche, altrettanto hanno fatto i colleghi calabresi ad Africo. Senza però riuscire a trovare i due ricercati, gli unici che sono riusciti a sfuggire alla cattura.
Secondo le accuse, Scordo e Morabito erano tra i principali fornitori di droga del clan di cui era leader Milia. A favorire i contatti sarebbe stato l'avvocato cagliaritano Corrado Altea, storico difensore del presunto boss di Fluminimaggiore ma anche di molti ndranghetisti calabresi trapiantati in Lombardia, legati soprattutto al clan Morabito-Bruzzaniti, che il legale sardo assiste dagli anni '90 quando aveva lo studio a Milano. Dalle indagini emerge che Morabito si incontra con Milia all'aeroporto di Cagliari il 5 gennaio 2010. E che in quell'occasione consegna due chili di droga alla banda di Brignone, con base a Sant'Elia. Milia e l'avvocato Altea avrebbero inoltre tentato di usare i calabresi per organizzare un import di cocaina dalla Colombia, usando come corriere un giovane cagliaritano che ha contatti in Sudamerica. Per organizzare l'affare il 26 aprile 2010 Milia va ad Africo Nuovo, ospite dei Morabito. Poi il 7 maggio si reca a Roma col corriere per farlo conoscere ai calabresi, coi quali raggiungono Africo. Pochi giorni dopo Milia si accorge di avere della microspie in auto. E il viaggio in Colombia salta.
Massimo Ledda
