Nell'armadio, in mezzo ai maglioni, tenuti da un elastico giallo, il 31 marzo 2011 c'erano 9.050 euro in biglietti da 500 e 50 nuovi di zecca. Una mazzetta che per l'accusa non è l'unica incassata dall'ex sindaco di Portoscuso: il commissario della Forestale Ugo Calledda spiega la novità nel corso della prima udienza che vede Adriano Puddu sotto processo per corruzione, concussione sessuale, violenza sessuale con abuso di potere, favoreggiamento della prostituzione, peculato e voto di scambio. «Andando a spulciare i conti correnti abbiamo trovato importanti movimenti di denaro nei giorni successivi alla vendita dei terreni - nel 2008 - sui quali la Portovesme srl intendeva realizzare un parco eolico. Quindicimila euro in banconote da 500 sono stati versati sul conto di Puddu due settimane dopo la compravendita; 50.000 in pezzi da 500, 200, 100 e 10 due mesi dopo. E ancora: cinquemila euro in biglietti da 500, 200, 100 e 50 nel dicembre 2009, diecimila euro tutti i banconote da 500 nel maggio 2010».
La provenienza di quei soldi non è stata accertata ma il cambio d'imputazione formulato alla fine dell'udienza dal pubblico ministero Daniele Caria lascia poco spazio al dubbio: secondo l'accusa Puddu ha incassato dalla Portovesme srl novantamila euro in tre anni. E così il processo all'ex primo cittadino di Portoscuso registra un colpo di scena durante l'audizione del commissario Calledda che, su delega della Procura di Cagliari, ha svolto le indagini.
LE TANGENTI Si parte dal reato più grave contestato a Puddu: la corruzione (per i soli 9.050 euro trovati in mezzo ai maglioni) che è già costata la condanna a un anno e quattro mesi all'amministratore delegato della Portovesme srl Carlo Lolliri, processato il 13 novembre scorso col rito abbreviato. Secondo l'accusa tutti quei soldi altro non erano che tangenti versate dalla Portovesme srl in cambio del via libera del Comune di Portoscuso alla realizzazione di un parco eolico su terreni gravati da usi civici. Non c'è certezza sulla provenienza dei soldi versati sui conti di Puddu ma il commissario Calledda ricostruisce i fatti per dimostrare come, pezzo a pezzo, le indagini abbiano portato a quella conclusione. «Tutto è cominciato con l'esposto di 5 consiglieri comunali di Portoscuso, nell'agosto 2010», ricorda l'ufficiale della Forestale davanti ai giudici della prima sezione del Tribunale di Cagliari. «Contestavano la delibera con cui il Comune, il 15 luglio 2010, aveva dato l'ok alla Portovesme srl per la realizzazione del secondo step di un parco eolico. Prima del voto il sindaco tolse la delega agli assessori Giorgio Alimonda e Alessio Santus, li sostituì e la delibera passò a maggioranza. Convocati nei nostri uffici, i cinque consiglieri comunali hanno spiegato che quei terreni erano gravati da usi civici».
Non solo: nel rispondere a una precisa domanda del pm, Calledda specifica che quella delibera «aveva approvato pure un accordo di programma in base al quale la Portovesme srl si impegnava a cedere al Comune la pineta di Porto Paglietto in cambio di volumetrie alberghiere su 5 ettari di terreno».
LA RISSA La vicenda sembrava tutta lì invece il bello doveva ancora arrivare. «Il 31 gennaio 2011 abbiamo consegnato l'esito dell'indagine alla Procura ma due mesi dopo, il 17 marzo, abbiamo letto su L'Unione Sarda di un litigio sul parco eolico tra un'ex assessore comunale, Valeria Sanna, e il sindaco Puddu. Abbiamo convocato la Sanna che, tra l'altro, ci ha detto di aver visto a casa di Puddu una pistola». Ma c'erano in serbo altre sorprese: «Il giorno prima dell'audizione dell'ex assessore si è presentato nei nostri uffici un certo Bruno Calabrò per consegnarci la registrazione di una telefonata con l'amministratore della Sard Invest (proprietaria dei terreni che facevano gola alla Portovesme), Gianfranceso Guiso Galisai. I due parlavano della firma sul contratto per la cessione dei terreni alla quale il sindaco Puddu aveva assistito nascosto sotto una scrivania».
LA PERQUISIZIONE Insomma, la situazione appariva assai complicata. E poi c'era pure la storia raccontata da Valeria Sanna. «Abbiamo deciso di perquisire la casa di Pudu alla ricerca della pistola. Siccome si trattava di un sindaco non siamo andati in forze, nonostante dovessimo controllare quattro diversi posti. Ebbene: Puddu ci ha fatto dire di essere a 80 chilometri da Portoscuso anche se non era vero. Era lì. Solo quattro ore dopo siamo riusciti ad agganciarlo. Nel frattempo erano arrivati il comandante della stazione dei carabinieri (che, in borghese e auto privata, abbiamo invitato a tornare in caserma) e quello della Polizia municipale (che ha accompagnato Puddu durante la perquisizione). A casa non abbiamo trovato la pistola ma una carabina regolarmente denunciata, più i novemila euro». Il codice di procedura penale impedisce a Calledda di riferire in aula come si giustificò il sindaco: quei soldi sono le scorte per le spese di Pasqua, quel che resta dei 400.000 incassati dalla vendita di quattro appartamenti. «Abbiamo verificato», dice il commissario, «le case erano state vendute tra il 2005 e il 2006 per un totale di 110.200 euro».
GLI INDIZI Si è deciso allora di indagare per corruzione. Gli inquirenti hanno controllarono i tabulati del telefonino di Puddu e le celle agganciate la mattina del 31 marzo 2011, prima della perquisizione. «Alle 7,41 aveva chiamato il centralino della Portovesme srl da dove, alle 8,34, era partita una telefonata verso il suo cellulare. Attraverso le sue telefonate abbiamo ricostruito gli spostamenti di Puddu che dovrebbe essersi recato nello stabilimento della Portovesme per poi tornare a casa».
I soldi nell'armadio; la falsa giustificazione; la visita alla Portovesme srl ricostruita attraverso i tabulati del telefonino (che confermavano le parole di Valeria Sanna); l'interesse personale, risalente nel tempo, per la cessione dei terreni alle società amministrata da Lolliri; la partecipazione segreta, sotto una scrivania, alla firma per la cessione; gli 80.000 euro versati sul suo conto sono gli indizi che, per l'accusa, provano la corruzione. Che la difesa nega a spada tratta. Si vedrà . Il processo continua il 12 aprile.
Maria Francesca Chiappe
