Dovevano cambiare la Sardegna, ma per ora è cambiato ben poco. I dieci referendum compiono un anno (e qualche giorno: si votò il 6 maggio 2012), e quasi nulla di ciò che chiedevano è stato realizzato. Eppure, superato il muro del quorum, il sì aveva raccolto percentuali da plebiscito.
ENTI LOCALI Il caso più clamoroso? Le Province. Quattro dei cinque quesiti abrogativi servivano a cancellare quelle di nuova istituzione. Uno dei consultivi invocava la stessa sorte per quelle storiche (qui il sì si è fermato al 66%), ma si scontra con la Costituzione e lo Statuto sardo: le proposte di revisione costituzionale, ultima quella di Efisio Arbau (La Base), richiedono lunghi iter in Parlamento. Però sulle nuove Province il voto era chiarissimo.
Invece il Consiglio ha traccheggiato. Si è dato tempo fino al 31 ottobre per il riassetto degli enti, con una norma di «autodistruzione» delle Province al 28 febbraio 2013 in caso di inerzia. Ha ignorato la prima scadenza, poi ha spostato la fine di mondo da febbraio al 30 giugno. E sempre col dubbio che sia illegittimo sciogliere prima della scadenza naturale (2015) otto consigli provinciali eletti dal popolo nel 2010.
LE LEGGI Un testo che riporta le Province a quattro è stato pure approvato dalla commissione Autonomia. Ma non è arrivato in aula: potrebbe accadere a giorni. L'organismo, su input del sardista Paolo Maninchedda che allora lo presiedeva, aveva cercato di attuare anche gli altri quesiti, votando la norma sulla Costituente e portando molto avanti il taglio dei cda. La prima resta nel limbo pre-aula, la seconda fu stoppata dai partiti. Maninchedda non era un leader referendario, «ma il popolo si era pronunciato - dice ora - e bisognava rispettarlo. Ho solo fatto il mio dovere».
L'unica legge tempestiva fu quella che ripristinava (con tagli rilevanti, secondo lo spirito del quinto quesito abrogativo) i compensi dei consiglieri. Si può dire attuata anche la riduzione dei seggi del Consiglio, benché a 60 e non 50 (era già in Parlamento la modifica dello Statuto, a sua volta suscitata dall'assemblea sarda). Sul resto, niente: per le primarie obbligatorie per i candidati governatori, per esempio, non è mai stata discussa la proposta di legge di Giacomo Sanna (Psd'Az) e Luciano Uras (Sel). (g. m.)
