I conti non tornano: ma non erano tutti (o quasi) tifosi della doppia preferenza di genere? Contando quelli che di recente si erano pronunciati a favore, in Consiglio regionale la norma per la parità elettorale uomo-donna sarebbe dovuta passare con facilità. Invece è stata di fatto affondata con 40 voti a 34. Ah, già: c'era il voto segreto. L'urna virtuale in cui forse Dio ti vede, ma gli elettori no. Né le elettrici.
«Un'ignominia, una delle pagine più brutte del Consiglio», attaccano le donne del Coordinamento per la democrazia paritaria e partecipata. Le consigliere del Pdl preannunciano un referendum sulla legge elettorale (che sarà approvata martedì prossimo). Il deputato del Pd Marco Meloni ipotizza di far passare la doppia preferenza modificando la legge nazionale. E i Riformatori - che avevano sposato questa battaglia - parlano di «strappo» con la maggioranza.
LA DOPPIA PREFERENZA La norma naufragata in aula concedeva all'elettore due preferenze, purché per candidati di sesso diverso. Altrimenti la seconda viene annullata. Non è un obbligo: si può sempre votare un solo nome, o nessuno.
Semplice, no? Beh, non accadrà niente di tutto questo. Il voto segreto di ieri in Consiglio, in realtà, non riguardava esplicitamente la doppia preferenza. Ma un emendamento del capogruppo di “Sardegna è già domani” Mario Diana, che sopprimeva un articolo della proposta di legge elettorale. Cancellandolo, sono decaduti gli altri emendamenti che lo riguardavano. Tra i quali... esatto: quello sulla doppia preferenza. Un cavillo, ben studiato.
LO SCONTRO È stato lo stesso Diana a proporre lo scrutinio segreto. Guadagnandosi l'ira di molti e una lite in aula con Paolo Maninchedda, tanto aspra da determinare un breve stop dei lavori: «È un gesto politico ignobile», ha gridato il consigliere sardista, «avete paura di dire come la pensate. La gente ne ha piene le palle di questi mezzi». «Attacchi infami», ha risposto Diana: «Io ho il coraggio di dire che sono contrario alle due preferenze, prendetevela con chi non ce l'ha».
E in effetti Diana non ha fatto mistero del suo voto. Ma non si saprà mai chi sono gli altri 39, sparsi nei due poli, che hanno affossato la norma che favorisce l'elezione delle donne.
Eppure in aula più d'uno ha tentato di salvarla: tra gli altri l'ex Idv Adriano Salis, i Riformatori Attilio Dedoni, Michele Cossa e Franco Meloni, il capogruppo del Pd Giampaolo Diana. Daniele Cocco (Sel) ha proposto di uscire dall'aula per far mancare il numero legale, ma non è stato ascoltato. Efisio Arbau, vicecapogruppo di Sardegna è già domani, ha chiesto a Diana di ritirare il voto segreto: visto come sono andate le cose, ha lasciato il gruppo (che quindi sarà sciolto, a meno di nuove adesioni).
E poi ovviamente c'è stata la lotta in prima fila delle donne consigliere. Dalla relatrice di maggioranza Gabriella Greco (Pdl) a Claudia Zuncheddu (Sardigna libera), passando per le altre elette del Pdl Rosanna Floris e Lina Lunesu. Greco, Floris e Lunesu, insieme alle consigliere-assessore Simona De Francisci e Alessandra Zedda, promettono già di raccogliere le firme per il referendum contro la legge che verrà approvata.
REAZIONI «Occasione persa», commenta Ugo Cappellacci, arrivato in Consiglio apposta per il voto (ha anche mostrato alle assessore il suo no all'emendamento Diana). La presidente dell'assemblea Claudia Lombardo parla di «rammarico», accentuato dal voto segreto (chiesto dal suo stesso capogruppo Diana).
A questo punto «si può anche non perdere più tempo sulla legge elettorale», taglia corto il leader del Pd Silvio Lai. «Un'indecenza», aggiunge Federico Palomba (Idv). «Sciogliete il Consiglio per sessismo», protesta il deputato di Sel Michele Piras. «Un segnale negativo non solo per le donne ma per tutto il popolo sardo», afferma la segretaria della Cisl Oriana Putzolu.
«A volte il diavolo fa le pentole e non i coperchi», dice però Marco Meloni, che con Francesca Barracciu aveva presentato una proposta di legge sulla doppia preferenza: poiché l'emendamento Diana crea un link con la legge elettorale nazionale per le regioni, «mi riservo di chiedere ai parlamentari sardi (e non) di presentare una proposta per introdurre in quella legge la doppia preferenza».
ALTRE REGOLE Per il resto, ieri il Consiglio ha confermato lo sbarramento al 10% per le coalizioni e al 5 per le liste singole («non cercano di scrivere buone regole, ma solo di non perdere poltrona e privilegi», attacca la segreteria nazionale di Progres). Sfuma invece la possibilità di candidarsi in più collegi: «Così si favorirebbero cordate territoriali», ha spiegato Giuseppe Cuccu (Pd), «peggio di quando c'era la preferenza multipla».
Giuseppe Meloni
