C'è frode e frode. C'è quella che ha portato al sequestro, in un'azienda di Settimo San Pietro, di insaccati falsamente etichettati come carne di cinghiale. E c'è quella che, pur non essendo un reato, inganna terribilmente il consumatore. Che va a comprare la bottarga di Cabras e non sa che nella laguna oristanese avviene solo la lavorazione dei “baffi” arrivati dal Brasile. O che al posto di un casizolu si porta a casa una provola olandese.
La provincia di Oristano offre alcuni prodotti che, si dice, conquistano il mondo per la loro bontà. Lasciando perdere la vernaccia (sono lontani gli anni durante i quali si spacciava per vernaccia il vino siciliano), la bottarga di muggine è una bandiera di questa terra. Ebbene, solo il due per cento dell'intera produzione (per alcuni invece non raggiunge neppure l'uno) è oristanese: tutto il resto arriva da paesi lontani mille miglia dall'Isola.
I CONSUMATORI Giorgio Vargiu, presidente Adiconsum, apparecchia un tavolo: bottarga, olio, formaggio, vino, pasta di Sardegna e il tutto servito su piatti di ceramica (Oristano ha una tradizione unica in Sardegna). Perché il problema non è quel che si trova nel mercato ma cosa si intende per prodotti sardi. «È quello realizzato qui con materie prime nostre o è quello realizzato da noi con materie prime di fuori? Quando la Regione ci dirà qual è il parametro potremo definire cosa è sardo e cosa no, e quindi parlare anche di frodi alimentari. Per adesso esiste la Legge 1 del 2010 che non offre alcuna limitazione e di conseguenza non tutela il consumatore». Il ragionamento di Vargiu è chiaro: di quale frode si parla se non si sa cosa è “made in Sardinia”? «La bottarga è un prodotto sardo? Solo il 2 per cento è locale, il resto arriva da fuori, congelato, già imbustato e confezionato e qui avviene la lavorazione finale. La pasta di Sardegna? Neppure, visto che il grano arriva dall'estero. Così come le tipiche ceramiche regionali», conclude Vargiu.
A CABRAS La ditta “Oro di Cabras” dei fratelli Manca mette sul mercato la bottarga «prodotta in modo naturale, con sistemi tradizionali non come fanno altri - spiega Mario Manca - La materia prima? Per l'80 per cento è di importazione però la selezioniamo e prendiamo solo quella di qualità». E la locale? «Oggi è molto limitata. È chiaro che la facciamo anche noi però rimane di nicchia». E così 300 grammi di bottarga di Mistras «produzione limitatissima di altissima qualità, prodotta, come da tradizione, con il sistema di essicazione completamente naturale», si legge nel loro sito internet, costa 64 euro; cento grammi di quella “normale” 9.
BOTTARGA DI COLLINA La prova provata che si può vendere bottarga anche stando in collina, a 40 chilometri da mare e stagni, arriva dalla Blue Marlin, azienda di Mogoro che dal 1996 piazza “baffi” di muggine nel mondo. «Vero, siamo una mosca bianca - sottolinea Paolo Garau, responsabile commerciale - Ma fin dall'inizio abbiamo cercato di puntare sulla qualità vendendo la bottarga buona macinata mentre allora c'erano quelli che nei vasetti trituravano solo gli scarti con altre schifezze, e magari lo fanno ancora». Nelle etichette si legge solo “bottarga di muggine”. «Ma è normale che sia così. Tempo fa è stato detto che solo lo 0,3 per cento della produzione era con cefali locali. Oggi forse siamo all'un per cento quindi, per una corretta informazione, si deve parlare di bottarga di muggine e basta. Qui arrivano i “baffi” dall'estero che poi noi trasformiamo. Ma questo non deve stupire: la stessa cosa accade per il pane carasau o per la salsiccia».
IL CASO “CASIZOLU” Nel 1998 alcuni allevatori del Montiferru che producevano casizolu, stanchi dell'onda bianca olandese che impastava tutto mettendo a repentaglio anche i loro formaggi, hanno creato un'associazione di produttori del casizolu con un disciplinare. «Ed è benvenuto solo chi lo segue», sottolinea Giampaolo Piu. Latte delle sardo modicane o delle bruno-sarde; appena munto si impasta la cagliata nell'acqua bollente «e non a crudo come invece fanno molti», puntualizza Piu. «Il problema vero è che non abbiamo gli strumenti per difenderci, per cui si spaccia per casizolu anche la peretta di pasta olandese».
LO STUDIO A proposito di contraffazione, un mese fa l'università di Oristano “Consorzio Uno” ha organizzato un convegno coinvolgendo 160 studenti che hanno risposto ad un questionario. La metà dei ragazzi ha detto di aver comprato consapevolmente almeno un prodotto taroccato; che se ne sono accorti per l'etichetta diversa o per la mancanza di certificati e spinti dal prezzo super conveniente. L'ultima domanda era: acquisteresti ancora un prodotto contraffatto? Il 57 per cento ha risposto sì. I motivi? «Perché convengono; perché in alcuni casi ha le stesse caratteristiche del prodotto originale; perché il prezzo è conveniente».
Michele Masala
