Luglio 2010: un signore tozzo, calvo, la pancia prominente, attempato, pantaloni di velluto, borsello a tracolla scende da una vecchia Golf. Il suo autista lascia la macchina ai parcheggiatori e subito la strana coppia si avvia verso il mondo scintillante della notte. All'ingresso del Pepero, gettonatissimo locale della Costa Smeralda, il titolare Gianni Principessa non lo riconosce: «Sono Graziano Mesina».
I due si sono sentiti il giorno prima: l'ex latitante voleva incontrare il proprietario del locale che a Roma gestisce il Salone Margherita dove, per anni, sono state registrate le puntate del Bagaglino per Canale 5.
«Mi ha raccontato la sua dura vita», ricorda Principessa dopo essere finito, suo malgrado, nelle 15.000 pagine dell'inchiesta che l'11 giugno ha portato il bandito orgolese in cella con altre 25 persone con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. «Mi ha chiesto se potevo contattare un regista per un film tv sulla sua storia, ne aveva già parlato non so se con Bruno Vespa o Enrico Mentana. Quella sera con noi al Pepero c'era anche Pierfrancesco Pingitore (notissimo autore e regista di cinema, cabaret e teatro), l'avvocato Carlo Taormina e altra gente: il giorno dopo sono andati a Orgosolo dove Mesina ha mostrato i luoghi della sua latitanza».
La trasferta vip dell'ex bandito mirava, dunque, al film. «Pingitore ha detto che bisognava trovare un produttore. Quella sera con noi c'era pure un mio caro amico, Giorgio Oppi». Anche il nome del consigliere regionale Udc compare negli atti dell'inchiesta per una vicenda che Principessa spiega così: «Mesina mi aveva telefonato dopo aver cercato Oppi che però aveva cambiato numero. Voleva contattarlo per il film». E per altro: «Mesina gli aveva chiesto un contributo non ricordo se per una piazza o una chiesa a Orgosolo e Giorgio aveva mandato un camion di marmi. Forse a Mesina non era bastato e continuava a chiamare».
Gianni Principessa quella notte di luglio al Pepero ha subìto il fascino del bandito. Non era l'unico: «Almeno 200 persone hanno fatto le foto con Mesina, come un divo di Hollywood». Come si può spiegare? «Non so, forse l'immagine del latitante più famoso d'Italia. Giorgio gli ha detto un successo clamoroso, addirittura gli autografi . Sono rimasto affascinato dal racconto della sua vita. Mi ha detto di aver studiato in carcere, nei processi si difendeva da solo perché conosce il codice penale a memoria, sentirlo parlare affascina perché per noi sono cose fuori dal mondo. L'isolamento in cella, il sequestro Kassam, la fuga dal carcere con un complice sulle spalle. Mi è sembrato un po' una vittima: gli avevano nascosto le armi in casa, così ha raccontato, perché era stato più bravo della Polizia a risolvere il sequestro del bambino». Certo non sapeva Principessa che una microspia aveva registrato Mesina mentre scarrellava il fucile e, comunque, sorprende come si possa dar credito, così, in discoteca, a un uomo che ha collezionato 40 anni di carcere per omicidio, sequestri e truffe. «Certo, lui rimane quello che è ma coinvolge coi suoi racconti da brivido. E poi, non sembrava un nababbo». Ma era a Porto Cervo. «È ripartito per Orgosolo, non ha dormito in Costa Smeralda».
M. Francesca Chiappe
