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L'unione sarda. «Porto Rotondo, il fascino resiste Berlusconi? Mai scucito un euro»

L'inventore del borgo: costo dei trasporti insopportabile per l'isola

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Dal nostro inviato
Augusto Ditel
PORTO ROTONDO «Son qui dal 1951, una vita fa. Ricordo che m'immergevo in queste acque uniche al mondo con gli amici di sempre: Treleani, Buker... Scendevamo anche a 40 metri, dalle parti di Mortorio, un'isola incantevole, oggi proibita. Allora si poteva anche pescare. Figuriamoci se qualcuno mi schioda da Porto Rotondo».
Pssss, parla lui, il Conte. Come c'è stato un unico Avvocato, questo titolo nobiliare sta a indicare un solo nome: quello di Luigi(no) Donà dalle (e non delle) Rose, famiglia di due dogi veneziani (Francesco nel 1545, Leonardo nel 1606), inventore insieme con il fratello Nicolò di un borgo turistico chiamato Porto Rotondo per la morfologia di un'insenatura naturale che avrebbe dovuto - eppoi ha compiuto il suo dovere fino in fondo - ospitare le barche (!) di tutti quelli che condividevano il progetto di fare un po' di concorrenza a Porto Cervo.
Il Conte fondò il villaggio nel 1964: un anno prima, il principe Karim Aga Khan («un dio in terra», lo definisce il Conte) aveva inventato la Costa Smeralda, un brand destinato a farsi conoscere e a far conoscere la Sardegna nell'universo mondo.
«Questo luogo - spiega il nobile veneziano dall'età indefinita - ha ancora un senso, resiste alle intemperie della vita, ha una scorza così che respinge i suoi (pochi) detrattori. E tutto ciò accade non solo per un impulso che sta dentro di me».
La crisi morde da morire...
«Di crisi, io, ne ho conosciute altre. Chessò, quella degli anni '60, quando si voleva cambiare il mondo con i tumulti di piazza. Poi c'è stata quella degli anni del terrorismo, nei quali serpeggiava la paura e chi andava in vacanza non era benvisto.
Infine, quella di Tangentopoli, nata nel 1992 e durata molto, moltissimo. Ebbene, le abbiamo superate tutte, eppoi sono passate. Passerà anche questa e intanto noi andiamo avanti».
T-shirt bianca senza fronzoli, bermuda giallini, sneakers e calzini bianchi, il Conte snocciola i numeri della vitalità portorotondina.
Qual è la cifra di quest'estate?
«Siamo molto attivi, cerchiamo di attrarre i giovani, di tenerci buone le famiglie. Un tempo, qua, c'erano le gnocche, gli attori, i cantanti. Oggi ci affidiamo a un artista (Marco Di Francesco) che insegna a dipingere i ragazzini. Noi diamo 300 voucher da 20 euro l'uno ad altrettanti bimbi che in modo gioioso si avvicinano alla pittura, s'imbattono nei rudimenti di una tecnica che può svilupparsi se esiste del talento. Ma c'è di più. Promuoviamo corsi di vela, di tennis, corsi subacquei, e il cartellone degli eventi culturali è ricco di appuntamenti. Giorni fa, abbiamo riempito il teatro con il recital di un mostro sacro della musica italiana come Gino Paoli, a seguire Alex Britti, eppoi tutta un'altra serie di eventi fino a settembre. Chi afferma che a Porto Rotondo non c'è nulla di interessante, dice il falso».
Lei non si arrende?
( Luigino Donà avrebbe mille a una ragione per mollare tutto, ma la resa non appartiene al suo Dna) .
«Facciamo tutto con le nostre forze - mormora, con la malcelata speranza che dal 2014, l'anno del centenario, tutto cambi in meglio -: il Comune di Olbia non ci dà un euro. Molti imprenditori che nel passato contribuivano in modo generoso, oggi devono fare i conti con un'altra realtà, Gli sponsor latitano e non per colpa loro, ma noi c'ingegniamo perché questo magico posto non tradisca le attese di chi lo ama ancora tanto».
È nata anche una Fondazione
«Certo, la presidedo io e anche questo è un segnale di continuità, un modo per perpetuare un marchio indelebile. C'è il Consorzio di Porto Rotondo, puntello di un'identità da difendere: siamo qui anche per questa ragione».
Tra gli abitanti del borgo turistico, c'è anche Silvio Berlusconi, proprietario di Villa Certosa, la Camp David italiana che l'ex primo ministro, specie ora che è stato condannato in via definitiva per frode fiscale, non frequenta quasi più.
Il Cavaliere vi dà una mano?
«Berlusconi? Non ha mai scucito un euro. Pensi che non si è mai voluto iscrivere neanche allo Yacht Club di Porto Rotondo. Una volta, contattai il suo architetto di fiducia, Gianni Gamondi, per proporre l'intitolazione di una strada alla memoria di sua madre: la cosa andò avanti per un po', ma alla fine non se ne fece nulla. Ma onestamente non vorrei soffermarmi troppo su questo atteggiamento dell'ex premier: ce ne siamo fatti una ragione, e viviamo ugualmente in serenità».
Si considera un esperto di turismo?
«Beh, un po' sì. A fine stagione, ho in mente di acquistare qualche pagina di giornale per spiegare cosa si può e si deve fare».
Se lei fosse assessore al Turismo, come si comporterebbe?
«C'è da lavorare su un unico fronte: quello dei trasporti. Venire in Sardegna con il traghetto, costa una fortuna. Pensi che i miei figli Una e Leonardo non vengono più quaggiù, nonostante sappiano dove stare. Ormai i loro amici scelgono altre mete. Conta molto il passaparola, sa.
La Croazia è bellissima, e costa poco. A Saint Tropez, la gente non manca. Così come a Capri. A Portofino non si lamentano. Positano non sente la crisi o la sente poco».
Si può venire in aereo.
«Atterrare nell'isola con l'aereo, per chi non è nato o residente, costa un'altra fortuna. L'altro giorno un mio amico di Milano ha dovuto posticipare la partenza con un volo Meridiana, e sa quanto ha dovuto aggiungere?».
No.
«La bellezza di trecentosettanta euro. Così si ammazza il turismo».

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